Il notaio e la tutela del credito
XXXI. Incontro del Comitato Italo-Austriaco
del Notariato Heiligenblut
il 23 Settembre 2006
Dott. Ugo Friedmann – Notaio – Milano
Il credito è un bene essenziale per il fiorire e lo sviluppo dell’economia, a condizione che esistano nell’ordinamento giuridico mezzi efficaci predisposti per la sua tutela. E’ noto come economie più ricche di materie prime e mezzi propri di quelle occidentali soffrano di una endemica situazione di crisi economica proprio per la mancanza di regole in generale e di tutela del credito in particolare. Il nostro ordinamento prevede la tutela del credito attraverso norme sostanziali contenute nel codice civile e norme procedurali contenute nel codice di procedura civile. Esiste una tutela preventiva e una tutela di realizzazione che si articolano in vari mezzi e principi regolati dall’ordinamento.
I mezzi poi possono essere diretti o indiretti . Quando però i mezzi indiretti non paiono dare il frutto sperato, appare necessario applicare il sistema di rimedi e sanzioni che l’ordinamento ha predisposto per la concreta soddisfazione del creditore, alla luce del principio di responsabilità del debitore . Quando non è possibile soddisfare il creditore direttamente (ovvero mediante l’esatta attribuzione di ciò che forma oggetto del suo credito-quello che chiamiamo esecuzione in forma specifica) allora la soddisfazione del creditore si ha attraverso una somma di denaro determinata di comune accordo tra le parti o in difetto di accordo dal giudice e poi attraverso l’adempimento del debitore ovvero attraverso il processo esecutivo, cioè la vendita forzata di beni mobili o immobili del debitore per potere raccogliere la somma necessaria per l’adempimento. Sono concetti semplici e noti a tutti, ma che mi servono a introdurre l’argomento oggetto della mia relazione. Si può affermare che esista nel nostro ordinamento uno specifico ruolo del notaio per la tutela del credito? E’questa la prima domanda che mi sono posto iniziando la stesura di queste brevi note. La domanda potrebbe essere così riproposta:
Ci sono attività istituzionali del notaio direttamente rivolte alla tutela del credito?” La prima risposta che mi sono dato è che non vi è una funzione del notaio a tale specifico fine, ma che il notaio svolge in relazione a quanto oggetto della presente relazione un ruolo di non poca importanza. In via preventiva il notaio “latino” svolge una funzione di “giurisdizione preventiva” con la specifica funzione di predisporre contratti e strumenti che diano luogo al minore possibile contenzioso. Il notaio ha tra le sue funzioni quella di ricevere atti pubblici o di autenticare la sottoscrizione delle parti per rendere possibile l’inserimento degli atti medesimi nel sistema della pubblicità immobiliare e quindi la trascrizione delle vendite, la iscrizione delle ipoteche, la iscrizione degli atti societari portanti trasferimento di partecipazioni e la modifica dello statuto delle società nel registro delle imprese Funzione della trascrizione immobiliare è quello di dare pubblicità ai trasferimenti immobiliari e di dirimere i conflitti tra più acquirenti di un medesimo bene immobile, rendendo pertanto opponibile ega omnes quello che tra le parti già è pienamente efficace,carattere tipico dei sistemi in cui la proprietà si trasferisce con il consenso manifestato nelle forme di legge. Diversamente dal sistema tavolare in cui l’effetto costitutivo è dato dalla “intavolazione” ordinata dal giudice nel sistema italiano la proprietà di un bene immobile passa con consenso contenuto in un documento avente forma scritta.
Non sarebbe quindi necessario l’intervento del notaio, ma se l’acquirente vuole essere certo di essere preferito ad altri acquirenti del medesimo bene deve accedere al sistema della pubblicità immobiliare ovvero “trascrivere” il suo atto nei registri (pubblici) della pubblicità immobiliare e per fare questo deve avere la propria firma autenticata dal notaio Non è invece prevista nel sistema italiano alcuna particolare forma di pubblicità per quanto attiene la circolazione dei beni mobili se si eccettuano i beni mobili registrati, i macchinari e la quote di partecipazione delle società a responsabilità limitata Sino a questo momento l’accesso alla pubblicità ed ai pubblici registri tutti (sia per quanto riguarda i beni immobili che i beni mobili registrati ) era riservato agli atti autenticati da notaio, ma la recente modifica portata dal DL 233/2006, convertito in legge ha previsto che l’autentica per quanto riguarda i beni mobili registrati possa essere fatta dagli sportelli del comune e dai titolari di agenzie per pratiche automobilistiche, al fine di “semplificare” la vita dei cittadini. La norma è recentissima e occorrerà vedere la sua pratica applicazione per operarne una puntuale valutazione.
Volendosi soffermare ancora un istante sul trasferimento dei beni mobili occorre invece sottolineare che il ruolo del notaio è sicuramente rimasto pregnante nei trasferimenti di partecipazioni di società a responsabilità limitata che prevede l’obbligo del deposito dell’atto autenticato dal notaio nel registro delle imprese e che attribuisce priorità, nel conflitto tra più acquirenti, al trasferimento depositato prima nel detto registro Atteso che la norma si ritiene applicabile anche al caso di costituzione di pegno sulle dette partecipazioni e considerato come il pegno sulle partecipazioni sia divenuto essenziale come forma di garanzia nella esecuzione di importanti contratti societari, appare utile rilevare quanto importante resti il ruolo del notaio in tale materia. Fuori dai casi sopra indicati non vi è alcun obbligo formale nel trasferimento di beni mobili e pertanto il notaio non è in principio coinvolto. Diversa invece, come sopra detto, è la situazione per quanto riguarda la pubblicità immobiliare (trascrizione) degli atti aventi ad oggetto beni immobili (per il trasferimento dei quali la legge prevede la forma scritta ex articolo 1350 del codice civile) ovvero la iscrizione (con efficacia costitutiva questa volta) di quella particolare forma di garanzia che è la ipoteca. Merita a questo punto riprendere un argomento sopra accennato e riassumere brevemente, con particolare riferimento ai trasferimenti immobiliari, quali sono i principali strumenti per tutelare i crediti del venditore rispetto all’acquirente di un immobile La tutela più immediata ed efficace con cui un creditore può tutelare il suo diritto è certamente la titolarità di un diritto reale di garanzia quale il privilegio speciale su immobili o l’ipoteca, che attribuiscono il diritto di sequela sul bene colpito da gravame Il diritto di sequela fa sì che la garanzia “segua” l’immobile indipendentemente dalle vicende della titolarità di quest’ultimo e che la garanzia sia attivabile anche nei confronti dell’eventuale subacquirente che non può opporre la sua estraneità alla vicenda originaria – Il privilegio è la prelazione che la legge accorda in considerazione della causa del credito, nel senso di riconoscere al creditore il diritto di essere preferito rispetto ad altri creditori nella distribuzione del ricavato dalla vendita forzata dei beni.
Essendo la legge ad attribuire tale qualifica al credito, il privilegio non è soggetto a forme di pubblicità e caratterizza il credito per tutta la sua durata. Le ipotesi più ricorrenti riguardano i crediti dello Stato per il pagamento di imposte o i crediti derivanti da rapporti di lavoro.Va anche ricordato che in genere il privilegio prevale sull’ipoteca e che la priorità dei privilegi è data dalla causa e non dalla priorità di nascita, dacchè un privilegio nato successivamente può avere priorità rispetto ad uno nato precedentemente – L’ipoteca invece viene ad esistenza quando è iscritta nei pubblici registri immobiliari e perde la sua efficacia dopo venti anni dalla sua iscrizione, sempre che non venga rinnovata . – Il patrimonio del debitore – come già sopra evidenziato – costituisce per il creditore la garanzia del soddisfacimento delle obbligazioni contratte dal debitore medesimo. Proprio per impedire che il patrimonio del debitore possa subire diminuzioni che incidano sulla funzione di garanzia sopra indicata, la legge attribuisce al creditore alcuni rimedi dei quali alcuni esperibili anche dopo che il debitore abbia compiuto degli atti dispositivi del bene.
L’azione revocatoria ordinaria non comporta l’invalidità dell’atto dispositivo, ma consente al creditore di rendere l’atto inefficace nei suoi confronti. E’ soggetta ad un termine di prescrizione di cinque anni, ossia più breve del termine ordinario decennale proprio a tutela dell’interesse generale alla sicurezza delle relazioni giuridiche e alla certezza del diritto. L’azione revocatoria può essere esperita in presenza di una pluralità di condizioni: – atto di disposizione con cui il debitore modifica la consistenza del suo patrimonio; – pregiudizio per il creditore, nel senso che l’atto dispositivo deve essere tale da rendere il patrimonio del debitore insufficiente a soddisfare le sue ragioni (eventus damni); – conoscenza del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del creditore (consilium fraudis). La consapevolezza di nuocere al creditore deve esistere solo in capo al debitore negli atti a titolo gratuito, mentre deve coinvolgere anche il terzo acquirente per gli atti a titolo oneroso.L’onere di provare tale consapevolezza in capo al terzo acquirente spetta a chi agisce in revocatoria. Se l’insolvenza del debitore che non sia imprenditore commerciale ha ripercussioni limitate alla sfera dei suoi creditori ed il processo esecutivo, che nel caso specifico colpisce singoli beni, è rimesso all’iniziativa degli stessi, liberi di promuoverlo e di intervenirvi, ben altro rilievo assume l’insolvenza dell’imprenditore commerciale. In quest’ultima ipotesi, infatti, le ripercussioni negative ricadono spesso, a catena, su una pluralità di creditori, con incidenza negativa anche sull’economia generale. Da qui nasce l’esigenza che il processo fallimentare possa essere iniziato anche d’ufficio, colpisca tutti i beni del debitore ed assicuri la par condicio creditorum, onde ripartire ugualmente su tutti il pregiudizio che ne deriva.
La sentenza dichiarativa di fallimento comporta lo spossessamento del debitore, ossia la perdita dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni, con conseguente inefficace nei confronti di tutti i creditori, di eventuali atti di disposizione compiuti dal debitore fallito. Onde evitare che il debitore, nel periodo di dissesto immediatamente precedente il fallimento, possa compiere atti di disposizione preordinati a sottrarre i suoi beni al fallimento, l’ordinamento giuridico italiano prevede il rimedio dell’azione revocatoria fallimentare, la quale comporta anch’essa l’inefficacia relativa dell’atto nei confronti dei creditori. La disciplina dell’azione revocatoria fallimentare è stata profondamente rivisitata e modificata, con introduzione di termini più brevi per l’esperimento dell’azione stessa, con il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con legge 14 maggio 2005 n. 80. In particolare, sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato di insolvenza del debitore, gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno (contro i due anni precedentemente previsti) anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso. Sono altresì revocati, se il curatore del fallimento prova che l’altra parte conosceva lo stato di insolvenza del debitore, gli atti a titolo oneroso compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Non sono invece soggetti all’azione revocatoria le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado e neppure gli atti posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria.
E’ rimasta invariata invece la disciplina prevista per la revoca degli atti a titolo gratuito compiuti nei due anni antecedenti la dichiarazione di fallimento, i quali sono inefficaci nei confronti dei creditori per il solo fatto di essere posti in essere. Si segnala infine l’azione di riduzione delle donazioni. Il legittimario leso nei propri diritti (coniuge, ascendente o discendente del de cuius) può chiedere la riduzione delle donazioni entro dieci anni dall’apertura della successione, senza che sia possibile, nell’ordinamento italiano, rinunziare all’azione di riduzione nei confronti del donatario o all’azione di restituzione nei confronti dei terzi acquirenti, durante la vita del donante, neanche prestando il proprio assenso alla donazione. In caso di alienazione dei beni immobili da parte del donatario contro cui viene proposta l’azione di riduzione, se non sono trascorsi venti anni dalla donazione (o meglio dalla trascrizione della donazione), il legittimario, premessa l’escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti la restituzione dei suddetti immobili. L’azione di riduzione può pregiudicare pertanto le ipoteche ed i diritti reali concessi dal donatario dopo la donazione. Tuttavia, in base al nuovo art. 561 codice civile come modificato dal D.L. 14 marzo 2005 n. 35 convertito in legge 14 maggio 2005 n. 80, i pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, purché la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall’apertura della successione. In altri termini, una provenienza per donazione anche antecedente al proprio atto di acquisto, può comportare per il terzo acquirente il serio rischio di vedersi espropriare il bene. Ritengo utile riportare alcune note per i colleghi stranieri relativamente all’ipoteca: La moderna configurazione dell’ipoteca quale garanzia reale è il punto di equilibrio raggiunto fra le opposte esigenze di tutela del credito e di libertà nella circolazione dei beni. In epoca anteriore alle codificazioni moderne il vincolo ipotecario su un bene ne comportava l’inalienabilità. Il code Napoleon lo trasformava in vincolo gravante, con diritto di seguito, su un bene liberamente negoziabile. La successiva ricerca di un equilibrio ottimale ha reso assai complessa la regolazione dell’ipoteca.
Ci occuperemo ai fini che qui interessano della sola ipoteca volontaria che richiede sin da principio l’intervento del notaio, ricordando che esistono altre forme di ipoteca, tra cui quella legale e quella giudiziale, iscritte di ufficio o su ordine del giudice L’ipoteca volontaria si basa: – su un contratto fra il debitore o il terzo datore di ipoteca da una parte e il creditore dall’altra; – su un atto unilaterale fra vivi del debitore o del terzo datore di ipoteca (è questo uno dei casi in cui il codice civile riconosce effetti vicolanti a una dichiarazione unilaterale di volontà). Il contratto o l’atto unilaterale devono avere la forma scritta a pena di nullità (art. 2821) e devono avere la forma di atto pubblico notarile o scrittura privata autenticata da notaio per potere avere accesso alla pubblicità. L’ipoteca giudiziale quanto quella legale dello Stato si costituiscono per iniziativa, meramente facoltativa, del creditore. L’ipoteca legale a favore dell’alienante e del coerede è iscritta d’ufficio dal conservatore della conservatoria dei registri immobiliari, salvo che non risulti dal titolo o da separato atto pubblico che vi è stata rinuncia all’ipoteca.
Il contratto o l’atto unilaterale per l’ipoteca volontaria, la sentenza o altro provvedimento per l’ipoteca giudiziale, l’atto di alienazione del bene per l’ipoteca legale sono semplicemente titolo per ottenere la costituzione dell’ipoteca: questa si costituisce solo con l’iscrizione nei registri immobiliari (art. 2808, 2° comma). A parziale deroga e miglior precisazione di quanto sopra detto esiste anche una ipoteca su beni mobili (solo per quanto riguarda i beni mobili registrati) che prevede la iscrizione in registri speciali tenuti peraltro su base reale e non personale É una forma di pubblicità analoga, per le formalità di esecuzione, alla trascrizione. Da questa differisce, tuttavia, perché è pubblicità costitutiva. Il che non significa però che sia condizione sufficiente per l’esistenza dell’ipoteca: questa si estingue se si estingue l’obbligazione garantita o se viene dichiarato nullo o annullato o reso inefficace il titolo da cui traeva origine. Su un medesimo bene si possono iscrivere più ipoteche, a garanzia di crediti diversi. Ogni successiva ipoteca è, in ordine di tempo, contrassegnata da un numero, che prende il nome di grado (ipoteca di primo grado, di secondo grado e così via). Se il bene ipotecato verrà sottoposto a vendita forzata, con il ricavato della vendita si soddisferà anzitutto il creditore con ipoteca di primo L’ipoteca si estingue con la sua cancellazione dal registro. Anche per la cancellazione occorre un titolo:l’estinzione dell’obbligazione garantita, la rinuncia grado e, se c’è un residuo, quello di secondo grado e così via (artt. 2852 ss.).
Il creditore che ha una ipoteca di grado inferiore può estinguere, con il pagamento, il credito di chi ha un’ipoteca di grado superiore, con l’effetto di surrogarsi nei suoi diritti (surrogazione ipotecaria di pagamento, art. 1203, n. 1). L’iscrizione conserva il suo effetto per venti anni, trascorsi i quali l’ipoteca si estingue, salvo che ad istanza del creditore l’iscrizione non venga rinnovata prima della scadenza (art. 2847). Allo spirare del termine ventennale senza rinnovazione Il conservatore dei registri non può procedere d’ufficio alla cancellazione. Il bene ipotecato può essere venduto, ma chi lo compera compera un bene gravato da ipoteca, esposto all’azione esecutiva del creditore ipotecario. E’ questo il cosiddetto “diritto di seguito” (droit de suite). Quale che sia la sorte del bene ipotecato, che può essere alienato, assoggettato a diritti reali parziari di godimento a favore di terzi, la ipoteca è intangibile e quindi il creditore ha diritto di attuare la sua pretesa e di farsi pagare con preferenza sul bene ipotecato dopo qualsiasi atto di disposizione del bene stesso. Il bene può quindi trasmettersi agli eredi, ma ciascuno di essi, è tenuto “ipotecariamente per l’intero” (art. 754), stante l’indivisibilità dell’ipoteca (e in deroga al principio della parziarietà della responsabilità dei coeredi per i debiti ereditati). Alla scadenza del credito il creditore non pagato ha diritto di promuovere la vendita forzata del bene anche in confronto del terzo acquirente. Questi, per evitare la vendita forzata, ha tre possibilità (art. 2858):
- egli stesso paga i creditori ipotecari, liberando il bene dall’ipoteca,
- effettua il rilascio del bene ipotecato, ossia rinuncia alla proprietà con una apposita dichiarazione resa presso la cancelleria del tribunale,
- libera il bene dall’ipoteca (purgazione dell’ipoteca):
offre ai creditori una somma pari al prezzo di acquisto del bene (pari al valore del bene se l’acquisto è avvenuta a titolo gratuito); se nessun creditore si offre di acquistare per un prezzo superiore di almeno un decimo, il bene è liberato dall’ipoteca contro il pagamento della somma offerta dal terzo acquirente. Il terzo acquirente, che subisca l’esecuzione forzata o che liberi il bene o che rilasci il bene, ha azione di regresso verso il debitore principale. Per il regresso può avvalersi della surrogazione ipotecaria, ma non in danno dei creditori che abbiano una iscrizione anteriore alla trascrizione del suo titolo di acquisto. Il terzo datore di ipoteca si trova in posizione analoga: egli non può invocare, nei confronti del creditore precedente, il beneficio della preventiva escussione del debitore, se il beneficio non è stato convenuto (art. 2868). É direttamente esposto all’azione esecutiva. Per evitarla, deve pagare i creditori ipotecari. Anch’egli ha azione di regresso verso il debitore e diritto di surrogazione nell’ipoteca del creditore.
L’ipoteca è, in linea di principio, speciale e indivisibile: grava solo sui beni specificamente indicati e solo per una somma determinata di danaro; e grava, per intero, su tutti i beni ipotecati e su ogni loro parte (art. 2809). La specialità dell’ipoteca va considerata sotto un duplice aspetto: * con riguardo al credito garantito: La prelazione sul bene vale solo nei limiti della somma per la quale l’ipoteca è iscritta (ma il credito garantito non deve per questo necessariamente essere un credito pecuniario). La prelazione assiste il credito, anche oltre questo limite, per ciò che attiene ai suoi accessori (spese di costituzione, iscrizione e rinnovazione dell’ipoteca, spese ordinarie dell’intervento nel processo di esecuzione). * con riguardo ai beni ipotecati: il principio è che l’ipoteca può essere iscritta solo “su beni specialmente indicati”. Tali non sono i beni futuri (potendo l’ipoteca essere iscritta solo quando la cosa è venuta ad esistenza; art. 2823), né i beni altrui (l’ipoteca può essere iscritta solo quando la cosa è acquistata del concedente; art. 2822).
É invece possibile iscrivere ipoteca su una quota di proprietà indivisa, anche se l’ipoteca produrrà effetto rispetto ai beni che al debitore verranno assegnati in sede di divisione (art. 2825). L’ipoteca si estende alla pertinenze dell’immobile, i miglioramenti e le accessioni. L’estensione dell’ipoteca alle accessioni dell’immobile ipotecato (come l’edificio costruito sul terreno oggetto di ipoteca) finisce con il tradursi in garanzia ipotecaria, su cose future, non menzionate nell’iscrizione ipotecaria. Può accadere che un mutuo venga erogato per un importo superiore al valore del terreno offerto in ipoteca, quando il mutuo è concesso per finanziare l’edificazione e l’ipoteca è iscritta per una somma che tiene conto del valore dell’edificio da costruire. Il rischio che l’opera non sia portata a compimento incombe sul creditore. L’ipoteca è, in linea di principio, indivisibile al pari del pegno. Continua a gravare su tutti i beni ipotecati e su ogni loro parte, anche se il credito si sia in parte estinto o se il valore dei beni ipotecati sia successivamente aumentato. Tuttavia, con il consenso del creditore o con sentenza, si può ottenere la riduzione dell’ipoteca. Questa può consistere nella riduzione della somma per la quale l’ipoteca fu iscritta o nella riduzione dell’iscrizione a una parte soltanto dei beni originariamente ipotecati Essendo, come sopra detto,la presente riunione di studio rivolta ad esaminare, i rapporti transfrontalieri giova chiedersi se e come un atto notarile avente ad oggetto un trasferimento immobiliare o una costituzione di ipoteca può accedere al sistema della pubblicità immobiliare italiana Preliminarmente, come sopra detto i documenti redatti all’estero e introdotti nel territorio italiano per produrre determinati effetti giuridici, devono al pari degli atti italiani, rispettare il requisito della forma scritta (atto pubblico o scrittura privata) richiesto dall’art. 1350 codice civile, sotto pena di nullità, quando trasferiscono la proprietà di beni immobili, oppure costituiscono, modificano trasferiscono diritti reali di godimento (ossia diritti di superficie, enfiteusi, usufrutto, uso abitazione, servitù) su immobili o comportano rinuncia ai medesimi diritti.
La pubblicità legale dei suddetti documenti, che si esplicita nella formalità di trascrizione da eseguirsi nei pubblici registri immobiliari, necessaria per l’opponibilitá dell’atto ai terzi, può eseguirsi in base ai seguenti titoli: sentenza, atto pubblico, scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente, con la precisazione che atti e sentenze provenienti dall’estero devono essere legalizzati (art. 2637 codice civile). Si rileva come tale disposizione aggiunga, rispetto alla necessità di forma scritta sopra evidenziata, l’ulteriore necessità che la scrittura privata di per sé non sia titolo idoneo alla pubblicità immobiliare, se la relativa sottoscrizione non risulti autenticata da notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Secondo il diritto internazionale privato italiano, sia la forma che la pubblicità degli atti aventi per oggetto diritti reali su immobili sono regolate dal principio della lex rei sitae.
Gli atti formati all’estero, pertanto, aventi per oggetto immobili siti in Italia, devono rispettare i requisiti formali richiesti dall’ordinamento interno italiano per accedere alla pubblicità immobiliare, la quale, a sua volta, trova disciplina nelle sole norme italiane. L’utilizzo di un atto estero in Italia presuppone pertanto – in base al principio di equivalenza dell’atto notarile straniero rispetto a quello italiano – che lo stesso corrisponda nella sostanza al suo omologo italiano, ossia all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata secondo la nozione prevista dall’ordinamento interno italiano. Questa necessità di equivalenza dell’atto proveniente dall’estero all’atto italiano significa che l’atto pubblico dovrà provenire da un pubblico ufficiale con caratteristiche o funzioni analoghe al notaio italiano e contenere l’accertamento dell’identità delle parti e la consapevolezza del consenso prestato; la scrittura privata autenticata dovrà contenere invece l’accertamento dell’identità delle parti e l’attestazione del pubblico ufficiale autenticante, tenuto al previo controllo di legalità , che la sottoscrizione sia avvenuta in sua presenza.
Ulteriore condizione per fare valere un atto estero in Italia – condizione peraltro condivisa con gli altri Stati dell’Unione Europea – è la legalizzazione, richiesta espressamente, come già sopra indicato, dalle norme che disciplinano la pubblicità immobiliare. Si tratta di un requisito necessario soltanto laddove l’atto provenga da un Paese: – che, a differenza dall’Italia, non abbia aderito alla Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961, che prevede la sostituzione della legalizzazione con l’apposizione dell’apostille seconda la formula prevista nella suddetta Convenzione, oppure – che, a differenza dall’Italia, non abbia ratificato la Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987 per la soppressione di legalizzazione e apostille, o ancora – col quale sussista un accordo bi o plurilaterale di esenzione sia da legalizzazione che da apostille.(come già in nota precisato tale formalità è esclusa nei confronti dell’Austria da un previdente trattato bilaterale che ne esclude la necessità per gli atti notarili e le sentenze L’ordinamento del notariato italiano stabilisce inoltre il preventivo deposito presso un archivio notarile o presso un notaio esercente in Italia degli originali e delle copie degli atti pubblici rogati e delle scritture private autenticate in Stato estero, prima di farne uso nel territorio dello Stato italiano. Col termine “uso” si intende tutto ciò che è consequenziale alla destinazione cui l’atto è preordinato, ivi comprese le formalità di pubblicità.
Funzione propria del deposito dell’atto estero è di consentire: – la conservazione dell’atto ed il rilascio di copie, – un controllo sui requisiti di forma che devono preesistere (v. sopra) e non sono integrabili e di legalità dell’atto (intesa come non contrarietà ai principi fondamentali dell’ordinamento italiano), – eventuale adeguamento ed integrazione dell’atto in vista dell’uso cui è destinato nel territorio dello Stato italiano: integrazione ad esempio di dati catastali indicati in modo troppo sommario per consentire una corretta esecuzione della pubblicità immobiliare, o inserimento di dichiarazioni che consentano di sanare cause di nullità dell’atto. Ci si riferisce in particolare alle menzioni richieste dalla normativa sull’edilizia, in ordine ai provvedimenti amministrativi autorizzativi della costruzione o ancora all’obbligo di allegare agli atti di trasferimento di terreni il certificato di destinazione urbanistica, obbligo la cui inosservanza comporta non solo la nullità del trasferimento, ma anche l’impossibilità di attuare la pubblicità immobiliare. Alla luce della recente modifica normativa che ha consentito di sanare un atto nullo italiano perché privo di certificato di destinazione urbanistica,pare ora pacifica la possibilità di integrare e sanare, con l’atto di deposito, l’atto estero che contenga un trasferimento di terreno e non abbia allegato il certificato di destinazione urbanistica. – esecuzione di adempimenti successivi, quali la registrazione in termine fisso (trenta giorni dalla data dell’atto trasmesso con modello informatico; sessanta giorni per gli atti formati all’estero), con pagamento della relativa imposta prevista per trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di altri diritti reali, anche di garanzia, su immobili esistenti nel territorio dello Stato; la pubblicità immobiliare e la voltura catastale con preventivo pagamento delle imposte ipotecarie e catastali; eventuali adempimenti ulteriori previsti dalla legge italiana per il singolo atto in questione.
L’ordinamento del notariato italiano stabilisce infine che l’atto estero che venga depositato presso un notaio italiano, qualora sia redatto in lingua straniera, debba essere accompagnato dalla traduzione in lingua italiana. Tale obbligo non sorge per l’atto estero depositato presso notaio di comune ove la legge ammette l’uso della lingua di cui trattasi (lingua francese per la Valle d’Aosta, lingua tedesca per l’Alto Adige.) Quanto detto al paragrafo precedente trova integrale applicazione anche per gli atti esteri costitutivi di diritti reali di garanzia, con particolare riferimento all’ipoteca, su immobili siti nel territorio dello Stato italiano: obbligo di forma scritta, con la precisazione che deve trattarsi di atto pubblico, scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente, previa legalizzazione se formato in paese estero (art. 2837 codice civile), oppure sentenza anche straniera purché ne sia dichiarata l’efficacia dall’autorità giudiziaria italiana, salvo che le convenzioni internazionali dispongano diversamente. Se il debitore non adempie l’obbligazione assunta di pagare una somma di denaro, il creditore, dopo aver fatto accertare giudizialmente l’inadempimento ed aver ottenuto una sentenza di condanna del debitore, può promuovere l’espropriazione forzata dei beni del debitore, secondo le norme dettate dal codice di procedura civile, ossia far vendere giudizialmente i beni e soddisfarsi sul ricavato.
L’atto con cui si assoggetta il bene del debitore all’azione esecutiva è il pignoramento, soggetto a trascrizione qualora si riferisca a beni immobili. Principio generale dell’ordinamento giuridico italiano è il fatto che iI debitore risponda delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni, presenti e futuri, ragione per cui tutti i suoi beni possono essere oggetto di espropriazione. Se vi sono più creditori, secondo il principio della par condicio creditorum, tutti hanno diritto di soddisfarsi con il ricavato della vendita dei beni del debitore. Tuttavia l’ordinamento giuridico italiano attribuisce ad alcuni creditori una preferenza nel soddisfacimento dei propri diritti, rispetto ad altri creditori. Si parla in tal caso di cause legittime di prelazione, identificabili in privilegio, pegno ed ipoteca, cui si farà cenno nell’ultimo paragrafo. Per effetto del pignoramento, gli atti di alienazione dei beni compiuti dal debitore – che è ancora proprietario degli stessi – sono inefficaci nei soli confronti del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione.
Si tratta pertanto di una inefficacia relativa. Il decreto legge 14/3/2005 n. 35, convertito con modificazione con legge 14/5/2005 n. 80 e successive modifiche, ha profondamente modificato anche la disciplina del pignoramento prevista dal codice di procedura civile, ponendosi i seguenti obiettivi: – evitare possibili “momenti di criticità” della procedura legati alle difficoltà di rintracciare il debitore, prevedendo l’invito allo stesso a dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice dell’esecuzione; – rendere il pignoramento maggiormente funzionale rispetto alle esigenze di soddisfazione del creditore, prevedendo che sia lo stesso debitore a dichiarare, su invito dell’ufficiale giudiziario, qualora i beni pignorati appaiano insufficienti, ulteriori beni utilmente pignorabili e luoghi ove gli stessi si trovano, beni che devono considerarsi pignorati dal momento della dichiarazione, nonché attribuire all’ufficiale giudiziario la facoltà non solo di richiedere l’assistenza della forza pubblica, bensì anche di ricercare le cose da sottoporre ad esecuzione, facendone richiesta ai soggetti gestori dell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. Altra innovazione riguarda l’intervento dei creditori nel processo esecutivo, ora consentito non alla generalità degli “altri creditori, ancorché non privilegiati”, ma solo a quelli il cui credito sia fondato su titolo esecutivo, oppure che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati o avevano un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o un diritto di pegno. Viene inoltre generalizzato lo strumento della cd. estensione del pignoramento ai creditori chirografari intervenuti tempestivamente.
Tra le innovazioni, si segnala inoltre la previsione che, nella vendita forzata, il giudice dell’esecuzione, con lo stesso decreto col quale trasferisce il bene espropriato, ordina la cancellazione dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie, comprese quelle successive alla trascrizione del pignoramento (art. 586 cpc), i quali, anche se inefficaci, creano non pochi problemi nel caso di ricorso al finanziamento. Sempre in virtù della novella legislativa sopra indicata, il giudice può delegare il compimento delle operazioni di vendita in sede di esecuzioni su beni immobili non più soltanto ai notai, ma alternativamente al notaio avente sede preferibilmente nel circondario, o ad un avvocato, dottore commercialista o esperto contabile iscritti nei relativi elenchi. Gli elenchi dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita degli immobili sono forniti dai rispettivi consigli dell’ordine ogni tre anni, al presidente del tribunale, che ha il potere di cancellare dagli elenchi stessi, con effetto per due trienni, i professionisti ai quali la delega sia stata revoca per mancato rispetto del termine e delle direttive stabilite. Costoro provvedono, tra l’altro, alla determinazione del valore dell’immobile anche tramite l’ausilio di un esperto, all’esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento, all’espletamento delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie conseguenti al decreto di trasferimento, alla redazione del verbale d’incanto e del successivo decreto di trasferimento, trasmettendo poi tutto al giudice dell’esecuzione. La misura di compensi spettanti ai professionisti delegati è stabilita ogni triennio con decreto ministeriale.
Si segnala infine l’introduzione, nella procedura esecutiva, del contratto di finanziamento: il nuovo ultimo comma dell’art. 585 cpc prevede infatti che, se il versamento del prezzo avviene con erogazione di un finanziamento che preveda il versamento diretto delle somme erogate in favore della procedura e la garanzia ipotecaria di primo grado sull’immobile, nel decreto di trasferimento deve essere indicato tale atto e il conservatore dei Registri Immobiliari non può eseguire la trascrizione del decreto se non unitamente all’iscrizione dell’ipoteca concessa dalla parte finanziata. L’ordinamento processuale civile italiano tratta dell’esecuzione e del titolo esecutivo nel libro terzo del codice di procedura civile, precisando che “l’esecuzione forzata non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido, esigibile” (art. 474, primo comma, c.p.c.). In tale definizione sono già contenuti gli elementi essenziali dell’impostazione della materia: sono indicati sia i presupposti in base ai quali può aversi l’esecuzione, sia i requisiti imprescindibili, tassativi ed analiticamente elencati del diritto oggetto dell’esecuzione.
E’ poi lo stesso art. 474, secondo comma, c.p.c. a definire e qualificare il titolo esecutivo: 1 – sentenze e provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva, 2 – cambiali, altri titoli di credito ed atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; 3 – atti pubblici, ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute. A norma di quanto disposto dal codice di procedura civile (art. 474 ss.), atti pubblici e sentenze valgono come titolo per l’esecuzione forzata solo se muniti della formula esecutiva, che consiste nell’intestazione “Repubblica Italiana – In nome della legge” e nell’apposizione, sull’originale o sulla copia, della formula esecutiva codificata nell’art. 475 c.p.c., da parte del cancelliere, del notaio o di altro pubblico ufficiale. A norma del medesimo articolo 475 c.p.c., deve poi essere indicata, in calce alla formula, la persona cui è rilasciata la copia in forma esecutiva. Il decreto legge 14/3/2005 n. 35, convertito con modificazione con legge 14/5/2005 n. 80 e successive modifiche, ha modificato sostanzialmente il processo esecutivo, con effetto dal 1° gennaio 2006. In particolare si segnala: – l’attribuzione di titolo esecutivo anche alla scrittura privata autenticata; – l’attribuzione, sia all’atto pubblico che alla scrittura privata autenticata, della qualità di titolo esecutivo anche in relazione alle obbligazioni di consegna o rilascio (e non solo di somme di denaro come era in precedenza).
L’esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai precedenti numeri 1 e 3. L’attribuzione della qualità di titolo esecutivo anche alle scritture private autenticate è una scelta che lascia perplessi, ponendosi apertamente in controtendenza rispetto alle scelte del legislatore della comunità europea che, con il Regolamento (CE) n. 805/2004, istitutivo del titolo esecutivo europeo, ha riservato la qualifica di titolo esecutivo ai soli atti pubblici, oltre che ai provvedimenti giudiziari e ciò conformemente a quanto statuito dalla sentenza 17 giugno 1999 della Corte di Giustizia della CE (sentenza Unibank). Si segnala al riguardo anche il mancato coordinamento con la disciplina del rilascio delle copie in forma esecutiva, che non può essere più di una per la stessa parte: l’art. 475 cpc prevede l’apposizione della formula esecutiva, oltre che ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ai soli atti pubblici, come tali in unico originale, con obbligo di custodia da parte del notaio ed annotazione sull’originale dell’avvenuto rilascio della copia in forma esecutiva. L’inottemperanza a queste disposizioni comporta l’applicazione di una pena pecuniaria, incrementata rispetto al passato, fissata nella misura da 1.000 a 5.000 euro. Quanto alla esecuzione in Italia di un debitore in virtù di contratto redatto all’estero, si osserva che è riconosciuta efficacia esecutiva in Italia di un atto pubblico estero nella stessa misura in cui ad esso è attribuita efficacia esecutiva nell’ordinamento di origine. Secondo le norme di diritto internazionale privato italiano, infatti, l’esecuzione in Italia di un atto pubblico ricevuto all’estero presuppone che l’atto abbia forza esecutiva nel Paese di origine, che le sue disposizioni non producano effetti contrari all’ordine pubblico e che, su istanza di chiunque vi abbia interesse, la corte d’appello del luogo di attuazione accerti la sussistenza dei requisiti per il riconoscimento dell’atto in Italia (cd. delibazione). La normativa appena esposta si riferisce tassativamente ai soli atti pubblici esteri. Non costituiscono invece titolo esecutivo idoneo per l’esecuzione forzata in Italia le scritture private autenticate all’estero.
La tutela dell’acquirente
Vari sono i provvedimenti ed anche i tentativi fatti dal legislatore italiano per tutelare gli acquirenti di immobili sia nella fase genetica del rapporto che di fronte a situazioni di crisi Fa parte del primo aspetto la norma introdotta con il decreto legge del 31.12.1996, n. 669, poi convertito in legge, che prevede la trascrizione del contratto preliminare di compravendita, a tutela del promettente acquirente, nel periodo intermedio fra il contratto preliminare stesso e la stipulazione del contratto definitivo, contro eventuali trascrizioni ed iscrizioni eseguite contro il promittente venditore. La norma non ha avuto grande applicazione perché osteggiata anche dal mondo bancario che vede un pregiudizio ad eventuali ipoteche iscritte sull’immobile il privilegio nascente dalla stipulazione del preliminare Anche la normativa a tutela degli acquirenti persone fisiche di immobili da costruire (decreto legislativo 10 giugno 2005) contenente le seguenti previsioni: – obbligo di fideiussione e di assicurazione del costruttore promittente, – previsione dei contenuti obbligatori del contratto preliminare, – limiti all’esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare, – istituzione di un fondo di solidarietà per gli acquirenti di immobili da costruire che abbiano subito una perdita in seguito all’assoggettamento del costruttore a procedure che implicano una situazione di crisi,non ha al momento avuto la risposta sperata Con la locuzione “immobile da costruire” ci si riferisce a immobili per i quali sia stato chiesto il permesso di costruire o la cui costruzione non sia ultimata o siano in attesa del certificato di agibilità.
All’atto della stipula del contratto preliminare su immobile da costruire, il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto, che può essere fatta valere unicamente dall’acquirente, a consegnare all’acquirente una fideiussione, con clausola di rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, a garanzia di tutti i pagamenti fatti e da fare prima del trasferimento della proprietà. La fideiussione è rilasciata da una banca, da un’impresa esercente le assicurazioni o da intermediari finanziari iscritti in un speciale e rimane efficace fino al trasferimento della proprietà. Essa garantisce eventuali situazioni di crisi del costruttore, quali trascrizione di un pignoramento, sentenza di fallimento, ammissione alla procedura di concordato preventivo, sentenza che dichiara lo stato di insolvenza. Il costruttore è inoltre obbligato a stipulare una assicurazione decennale contro i difetti dell’immobile. Il contratto preliminare deve contenere tra l’altro, in particolare, gli estremi di eventuali atti d’obbligo e convenzioni urbanistiche stipulati per l’ottenimento dei titoli abilitativi alla costruzione e l’elencazione dei vincoli previsti, le caratteristiche tecniche della costruzione, i termini massimi di esecuzione della costruzione, gli estremi della fideiussione, indicazione del prezzo da corrispondersi con bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari o postali indicati dalla parte venditrice ed alla stessa intestati, eventuale esistenza di ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli, estremi del permesso di costruire o della sua richiesta se non ancora rilasciato e ad esso devono essere allegati il capitolato dei materiali e gli elaborati del progetto.
E’ inoltre sancito un divieto a carico del notaio di procedere alla stipula dell’atto di compravendita se, anteriormente o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto alla suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca a garanzia o del pignoramento gravante sull’immobile. Qualora l’immobile sia stato consegnato all’acquirente e da questi adibito ad abitazione principale per sé o per un proprio parente in primo grado, all’acquirente è inoltre riconosciuto il diritto di prelazione nell’acquisto dell’immobile al prezzo definitivo raggiunto nell’incanto. Infine, gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili ad uso abitativo, nei quali l’acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dall’acquisto o dall’ultimazione degli stessi, la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al giusto prezzo, non sono soggetti all’azione revocatoria fallimentare.
L’euroipoteca
Essendo come è noto la ipoteca la principale forma di garanzia del credito la possibilità di creare una foma di garanzia europea, uniforme ed astratta, che possa aggiungersi alle forme nazionali e che possa consentire al notaio di uno dei paesi dell’unione di iscrivere direttamente la ipoteca nel paese limitrofo Il regolamento sul titolo esecutivo europeo E’ dalla Direttiva della Commissione 4 febbraio 1985 che si parla di Euroipoteca, ma si può dire che solo dalla presentazione del Libro Verde sul Credito ipotecario del 19 luglio 2005 la materia abbia ripreso un concreto interesse reso più concreto dalla recente introduzione del regolamento sul Titolo Esecutivo Europeo, pur con i limiti allo stesso connessi Per il momento quindi solo i differenti sistemi nazionali di costituzione delle ipoteche costituiscono il solo modo di attivare tale garanzia. Il Regolamento CE n. 805/2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati ed opera in materia civile e commerciale introduce una semplificazione determinante nella creazione dello spazio giudiziario europeo, in quanto prevede addirittura la soppressione della procedura di exequatur nello Stato dell’esecuzione e la sua sostituzione con una certificazione proveniente dallo Stato di origine. Il Regolamento assume inoltre un significato particolare, in quanto codifica per la prima volta, a livello europeo e comunitario, la definizione di atto pubblico nel modo seguente:
1) qualsiasi documento che sia stato formalmente redatto o registrato come atto pubblico e la cui autenticità riguardi la firma e il contenuto e sia stata attestata da un’autorità pubblica o da altra autorità a ciò autorizzata dallo Stato membro di origine, o
2) qualsiasi convenzione in materia di obbligazioni alimentari conclusa davanti alle autorità amministrative o da queste autenticata. Il Regolamento si autodefinisce un incentivo, anziché un obbligo per gli Stati membri di adeguare gli ordinamenti nazionali alle norme minime procedurali ivi previste e si colloca come possibilità alternativa, semplificata e più vantaggiosa rispetto al Regolamento (CE) n. 44/2001, che conserva comunque piena efficacia. In altri termini, il creditore di un credito non contestato potrà scegliere tra due distinte strade alternative:
1) presentare domanda per ottenere la certificazione di titolo esecutivo europeo ex Regolamento n. 805/2004;
2) optare per il sistema di riconoscimento ed esecuzione previsto dal regolamento (CE) n. 44/2001 o da altri atti comunitari. Oggetto del regolamento è l’istituzione di un titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati onde consentire, la libera circolazione delle decisioni giudiziarie, grazie alla definizione di norme minime di diritto interno nei singoli Stati membri, nonché delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici, senza che si rendano necessari procedimenti intermedi per il riconoscimento e l’esecuzione.
Esso si riferisce pertanto alle sole obbligazioni pecuniarie, con esclusione di obbligazioni diverse quali possono essere quelle di consegna o di rilascio. E’ di tutta evidenza come questa semplificazione, nascente dalle previsioni del regolamento (CE) n. 805/2004, realizzi davvero uno spazio giudiziario europeo nel settore dell’esecuzione relativa ai crediti non contestati, subordinando, tuttavia, la possibilità degli Stati membri di usufruirne, all’onere di dotarsi di norme interne minime, per le decisioni giudiziarie, omogenee tra tutti gli Stati membri e conformi a quanto indicato dalla novella in commento. Si sottolinea che la previsione di dotarsi delle suddette norme minime interne è riferita alle sole decisioni giudiziarie e non agli atti pubblici, come emerge dallo studio sistematico della materia, quasi a voler significare che l’atto pubblico di per sé presuppone già l’esistenza di norme minime interne. Il certificato di titolo esecutivo europeo è attribuibile, in base a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 805/2004, ai titoli esecutivi tassativamente indicati nell’art. 3 e precisamente sia a titoli giudiziali, che a titoli stragiudiziali, fra cui sono espressamente indicati gli atti pubblici.
Le scelte operate in ambito comunitario di garantire la libera circolazione delle decisioni nello spazio giudiziario europeo erano, in un recente passato, in aperto contrasto con la normativa nazionale italiana, se solo si considera che, dal codice di procedura civile, entrato in vigore il 21 aprile 1942, emerge un atteggiamento contrario al riconoscimento del carattere universale della cosa giudicata e favorevole a richiedere la delibazione delle sentenze straniere, con effetti costitutivi per far valere un qualsiasi effetto giurisdizionale. Proprio in considerazione delle tendenze e delle richieste comunitarie, la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, adottata con la legge 31 maggio 1995, n. 218, è intervenuta in materia, abrogando le previsioni del codice di procedura civile in tema di efficacia delle sentenze straniere e della esecuzione di altri atti di autorità straniere e recependo ed introducendo invece, nel nostro ordinamento, il principio del riconoscimento automatico delle sentenze straniere e del riconoscimento di titolo esecutivo anche all’atto pubblico estero che abbia pari efficacia nell’ordinamento di origine, previa delibazione della corte d’appello italiana, come meglio sopra precisato. In questa sede ci si limiterà all’analisi dell’argomento di maggiore interesse, ossia l’atto pubblico notarile.
Sulla base di una serie analitica di considerazioni, parrebbe che, in questa nuova e più evoluta dimensione dello spazio giudiziario europeo, il Notaio, cui l’ordinamento giuridico italiano attribuisce già il potere di conferire efficacia esecutiva ad un atto pubblico, è un pubblico ufficiale naturalmente qualificato per divenire autorità preposta al rilascio della certificazione di titolo esecutivo europeo. Si osserva non solo che l’ordinamento giuridico italiano ha già norme specifiche – che sarebbe riduttivo definire “minime” – per disciplinare l’attribuzione dell’efficacia di titolo esecutivo e che nello stesso sistema normativo l’autorità individuata per l’attribuzione dell’efficacia esecutiva è il notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato per legge a ricevere atti pubblici. Innanzitutto la definizione di atto pubblico contenuta nel Regolamento CE n. 805/2004 è in linea con la definizione che il nostro codice civile fornisce dell’istituto: “l’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato” (art. 2699 c.c.). A questo proposito si sottolinea come la nuova e recente definizione europea di atto pubblico comporti la mancata estensione della normativa in esame alle scritture private e potenzialmente accentui ancora di più la profonda differenza tra le due diverse forme che può assumere un documento ricevuto da Notaio.
Si sottolinea inoltre il fatto che gli atti pubblici ricevuti da Notaio, secondo l’attuale diritto processuale civile italiano, sono già titoli esecutivi relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute (art. 474 c.p.c.). L’art. 25, primo comma, del regolamento (CE) n. 805/2004 stabilisce che gli atti pubblici aventi per oggetto crediti esigibili, dotati di efficacia esecutiva in uno Stato membro, su richiesta presentata all’autorità designata dallo Stato membro d’origine, sono certificati come titoli esecutivi europei, individuando poi l’autorità competente a certificare il titolo esecutivo europeo solo con riferimento alle decisioni giudiziarie ed alle le transazioni giudiziarie. Essendo invece testualmente prevista la rimessione allo Stato membro d’origine della designazione dell’autorità de quo per quanto riguarda gli atti pubblici, ne consegue che anche lo Stato italiano dovrà designare l’autorità preposta alla certificazione di titolo esecutivo europeo. Orbene, considerando, che, nell’ordinamento giuridico italiano, il Notaio è il pubblico ufficiale per antonomasia istituito per ricevere gli atti pubblici tra vivi e che, a norma dell’ordinamento del notariato italiano, i Notai esercitano tutte le altre attribuzioni loro deferite dalla legge, parrebbe naturale e conseguente ipotizzare che il potere di attribuire efficacia esecutiva all’atto pubblico destinato ad avere un’efficacia limitata all’interno dello Stato, possa naturalmente estendersi anche all’atto pubblico destinato a circolare fuori dai confini nazionali con il rilascio della certificazione di titolo esecutivo europeo. Si tratta, infatti, della stessa medesima attività: identico è l’oggetto (l’atto pubblico), identica è l’attività formale e di controllo svolta dal pubblico ufficiale, identico è il risultato (attribuzione dell’efficacia esecutiva); ciò che varia è soltanto l’area territoriale di circolazione della stessa. In altri termini, in Italia, il Notaio è l’autorità già legittimata, nello Stato d’origine, ad attribuire efficacia esecutiva agli atti pubblici.
A queste considerazioni si aggiunge poi l’ulteriore rilievo che è già attribuito per legge al notaio il potere di apporre la formula esecutiva agli atti da lui ricevuti, oltre al potere-dovere di rilasciare copie autentiche degli atti ricevuti, anche in forma esecutiva, laddove ne ricorrano i presupposti. Si esclude invece che le scritture private autenticate, alle quali sarà possibile in Italia attribuire efficacia di titolo esecutivo a partire dal 1° gennaio 2006, come sopra indicato, possano avere valenza di titolo esecutivo europeo, stante l’espressa limitazione della normativa comunitaria ai soli atti pubblici. Molto io devo in questo mio intervento alla cortesia della collega Cinzia Brunelli che mi ha fornito materiale e riferimenti preziosi Si pensi ad esempio al principio di solidarietà per cui più debitori nei confronti di un medesimo soggetto ri-spondono ciascuno per l’intero debito salvo poi il diritto reciproco di regresso Ciò del principio per il quale il debitore è soggetto alla sanzione, che si sostanzai nel diritto moderno con al responsabilità patrimoniale (e non più personale) del debitore che, a sensi dell’articolo 2740 del codice civile risponde dell’adempimento dell’obbligazione con tutti i suoi beni presenti e futuri Va ricordato che il notariato italiano è a tale riguardo all’avanguardia nel mondo intero del noariato latino avendo contribuito in prima persona a creare un sistema di trasmissione telematica dei dati che consente l’aggiornamento dei registri immobiliari in “tempo quasi reale”,contribunedo non poco alla certezza dei trasferimenti Secondo quanto prevede la modifica del diritto societario da ultimo approvata che prevede che nel conflitto di due acquirenti di un partecipazione sociale prevale che per primo ha iscritto a registro Imprese il relativo trasferimento.
Tale norma viene correlata all’altra norma portata dalla cosiddetta “Legge Mancino” che ha reso obbligatorio l’intervento del notaio per il trasferimento delle quote di partecipazione delle società a responsabilità limitata e il conseguente deposito al registro delle imprese e ha vietato agli amministratori la iscrizione a libro soci del nuovo socio se non sono state rispettate le formalità che precedono Precedentemente per il trasferimento delle quote era sufficiente l’annotazione a libro soci del trasferimento senza bisogno di autentica alcuna. Sono beni mobili registrati nel nostro ordinamento quelli regolati dall’articolo 815 del codice civile che regola in sostanza i beni mobili iscritti in pubblici registri ai quali viene applicato un particolare regime per le alienazioni, per la costituzione di garanzia e per la pubblicità, regime che che si avvicina a quello stabilito per gli immobili, fermo restando che , ove la legge diversamente non disponga, vale per gli stessi la disciplina propria dei beni mobili.
Esempi di beni mobili registrati sono gli autoveicolki, le navi e gli aeromobili L’ordinamento italiano conosce fondamentalmente tre tipi di oscietà di capitali:le società a responsabilità limitata le cui partecipazioni non sono mai incorporate in titoli, le società per azioni le cui partecipazioni sono incorporate in titoli, le azioni che possono essere emesse o non emesse, e le società in accomandita per azioni Tale obbligo è stato inserito nel nostro ordinamento dalla legge “Mancino” (dal nome dell’allora ministro dell’interno) del 1993 che ha voluto tale pregnante obbligo di pubblicità per evitare che consistenti patrimoni, incorporati in partecipazioni mobiliari, potessere esse trasferiti senza che vi fosse al riguardo alcun controllo e pubblicità ed ha individuato nel notaio il soggetto terzo capace di garantire un efficace funzionamento della norma. Va ricordato che nel nostro ordinamento gli amministratori non possono iscrivere un nuovo socio di società a responsabilità limitata nel libro dei soci senza preventivo deposito della cessione al registro delle imprese All’ipoteca, stante la sua importanza riserverò alcune note di approfondimento nel prosieguo E’ noto che la formalità della legalizzazione è stata sostituita dall’APOSTILLE per i paesi aderenti alla convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 mentre è in corso di eliminazione per i paesi facenti parte dell’unione europea, essendo in corso di ratifica da parte dei vari stati il relativo trattato.
Va anche ricordato che anche prima di tale ultimo trattato l’Italia aveva in corso trattati bilaterali di dispensa dalla legalizzazione uno dei quali riguarda l’Austria Nei modi e termini previsti dall’ordinamento di origine Certificazione richiesta dall’articolo 30 del testo Unico sull’edilizia e che descrive la previsione degli stru-menti urbanistici comunali relativamente al terreno venduto e che deve essere allegata all’atto di trasferimento dei terreni a pena di nullità