NOTARCOMITATO
XXXIX CONVEGNO
Murnau am Staffelsee (Baviera), 24 – 25 ottobre 2014
La tassazione dell’acquisto immobiliare: ruolo e responsabilità del Notaio
dott. Giulio Tremonti, notaio in Tolmezzo (Friuli Venezia Giulia)
Premessa
Nella presente relazione si prenderanno in esame, nell’ottica dell’intervento notarile, gli aspetti fiscali inerenti ai trasferimenti di case di abitazione.
In particolare, la trattazione sarà incentrata sulla disamina dei contratti di compravendita e di donazione delle case di abitazione.
Sarà invece limitato a pochi accenni il commento dedicato ad altre tipologie di atti che vengono di frequente stipulati in relazione alle compravendita di case di abitazione. Ci si riferisce, essenzialmente, ai contratti preliminari di compravendita, agli atti di cancellazione di ipoteca (o di svincolo da ipoteca) e, soprattutto, ai contratti di mutuo con garanzia ipotecaria.
Onde evitare di appesantire la trattazione con casi pratici di applicazione delle imposte via via considerate, si è ritenuto di predisporre e allegare alla relazione una tabella riepilogativa, nella quale sono riportate varie ipotesi di tassazione di compravendite e di donazioni di case di abitazione, tutte del valore di € 200.000,00. Nell’intento di proporre degli esempi – per quanto possibile – realistici di tassazione delle operazioni prospettate, accanto ai prezzi di vendita o ai valori venali (appunto di € 200.000,00) delle case di abitazione vendute o donate, sono stati indicati anche i valori catastali delle medesime. Al riguardo, è sembrato verosimile ipotizzare dei valori catastali di € 70.000,00 e di € 77.000,00, rispettivamente per le prime case e per le altre abitazioni. Per quanto concerne i contratti di mutuo stipulati per l’acquisto di abitazioni, si è fatto riferimento a finanziamenti bancari dell’importo di € 200.000,00, garantiti da ipoteca per € 400.000,00.
Saranno oggetto di disamina le imposte principali che colpiscono i trasferimenti di case di abitazione, ossia l’imposta di registro, l’imposta sul valore aggiunto (o IVA), l’imposta sulle successioni e donazioni, nonché le imposte ipotecaria e catastale. Pertanto, nella tabella riepilogativa allegata alla relazione sono riportati solo esempi di applicazione di dette imposte. Si trascureranno invece ulteriori tasse e imposte che incidono in misura minore sui trasferimenti immobiliari, quali la tassa ipotecaria, la tassa catastale e l’imposta di bollo. Del trattamento tributario dei contratti di mutuo con garanzia ipotecaria finalizzati all’acquisto di case di abitazione si darà conto in forma sintetica.
Verranno prese in considerazione esclusivamente le compravendite e le donazioni aventi per oggetto l’intera proprietà di case di abitazione, non anche i trasferimenti della nuda proprietà o la costituzione di diritti reali limitati (quali l’usufrutto o il diritto di abitazione).
Nel corso della trattazione si farà sistematicamente riferimento alle operazioni di acquisto di case di abitazione in regime “di trascrizione” (o “di Conservatoria”), il quale costituisce la regola nell’ordinamento italiano. Per contro, dei trasferimenti di case di abitazione ubicate nei territori ove vige il sistema del libro fondiario, o “regime tavolare”, si esamineranno solo aspetti particolari.
La relazione si articolerà come segue. Dapprima saranno trattati gli adempimenti di natura fiscale che gravano sul notaio, sia in termini generali che dal punto di vista dell’operatività concreta, con le conseguenti responsabilità; verranno quindi illustrate le singole imposte e le modalità di calcolo delle medesime, evidenziando il ruolo che il notaio è chiamato ad assolvere, anche con riferimento alle plusvalenze eventualmente realizzate dal venditore; si spenderanno infine alcune brevi considerazioni sulla figura del notaio quale consulente fiscale.
Quali sono gli adempimenti fiscali cui il notaio è tenuto nelle operazioni di acquisto di immobili abitativi?
Nell’esaminare gli adempimenti con valenza fiscale posti a carico del notaio con riguardo ai trasferimenti di immobili abitativi – ma lo stesso discorso vale per tutti i trasferimenti immobiliari – sono tre le principali operazioni sulle quali occorre focalizzare l’attenzione:
– la registrazione;
– la trascrizione nei registri immobiliari;
– la voltura catastale.
Dette operazioni, in particolare la seconda, sono certamente rilevanti anche dal punto di vista civilistico, ma in questa sede verranno prese in considerazione solo per i loro risvolti fiscali in rapporto all’attività che il notaio è chiamato a svolgere in quanto pubblico ufficiale.
La registrazione
Il Testo Unico di registro (D.P.R. 26 aprile 1986, n.131), il quale contiene le principali disposizioni relativamente alla registrazione dei contratti ed all’applicazione dell’imposta di registro, stabilisce che “sono obbligati a richiedere la registrazione (…) i notai (…) per gli atti da essi redatti, ricevuti o autenticati” (art. 10, lett. b).
Stabilisce inoltre che i notai che hanno ricevuto o autenticato l’atto sono obbligati al pagamento dell’imposta di registro solidalmente con le parti contraenti (art. 57, comma 1).
Al momento della richiesta di registrazione il notaio richiedente deve versare l’imposta di registro (art. 54, comma 1).
Attualmente, il termine per la registrazione degli atti notarili è di trenta giorni, decorrenti dalla data di ricevimento dell’atto o dalla data dell’ultima autenticazione.
La registrazione viene eseguita dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per la registrazione degli atti pubblici e per le scritture private autenticate è quello “nella cui circoscrizione risiede il pubblico ufficiale obbligato a richiedere la registrazione” (art. 9). Pertanto, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso il quale il notaio deve richiedere la registrazione dei suoi atti è quello nella cui circoscrizione si trova ubicata la propria sede.
La trascrizione e la voltura
La trascrizione nei registri immobiliari e la voltura catastale sono formalità che presentano dei punti di contatto, ma costituiscono comunque adempimenti tra loro ben distinti.
La trascrizione, infatti, deve essere eseguita presso l’ufficio dei registri immobiliari (Ufficio del Servizio di Pubblicità immobiliare, già Conservatoria dei Registri Immobiliari) nella cui circoscrizione si trovano i beni immobili oggetto di trasferimento ed ha lo scopo di assicurare la pubblicità dell’atto di trasferimento immobiliare, al fine di consentirne l’opponibilità verso i terzi. Stante la sua grande rilevanza sul piano civilistico, essa è minuziosamente disciplinata dal Codice Civile (artt. 2643 e seguenti) il quale, tra l’altro, obbliga il notaio che ha ricevuto o autenticato l’atto soggetto a trascrizione “di curare che questa venga eseguita nel più breve tempo possibile, ed è tenuto al risarcimento del danno in caso di ritardo (…)”.
La voltura, invece, è diretta ad aggiornare le risultanze dei registri del Catasto (Catasto dei Fabbricati e Catasto Terreni) presso cui i beni immobili oggetto di trasferimento sono censiti, registri che hanno una funzione essenzialmente fiscale, costituendo una sorta di “anagrafe tributaria” del patrimonio immobiliare.
Sia la trascrizione che la voltura rappresentano comunque presupposti per l’applicazione di imposte indirette.
La trascrizione è soggetta all’imposta ipotecaria, mentre la voltura è soggetta all’imposta catastale.
L’imposta ipotecaria e l’imposta catastale sono disciplinate da un unico testo di legge (il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.347), il quale sancisce precisi obblighi a carico dei notai in relazione alle formalità di trascrizione e di voltura.
Dispone infatti che “i notai (…) che hanno ricevuto o autenticato l’atto soggetto a trascrizione, hanno l’obbligo di richiedere la formalità relativa nel termine di trenta giorni dalla data dell’atto” (art.6, comma 1).
Inoltre, individua, tra i soggetti tenuti al pagamento dell’imposta ipotecaria e dell’imposta catastale, i pubblici ufficiali – e quindi innanzitutto i notai – obbligati al pagamento dell’imposta di registro dovuta per gli atti ai quali si riferisce la formalità di trascrizione o la voltura catastale, solidalmente con i soggetti nel cui interesse sono state richieste la formalità o la voltura (art.11).
In relazione agli atti che importano trasferimenti immobiliari, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per la registrazione dell’atto è anche competente per l’imposta ipotecaria e per l’imposta catastale relative (art.12), indipendentemente dal fatto che i beni immobili oggetto di trasferimento siano ubicati in circoscrizioni territoriali diverse. Pertanto, per fare un esempio, se un notaio con sede nel Comune di Udine riceve un atto avente per oggetto la compravendita di un appartamento situato in Comune di Verona, è competente per le imposte ipotecaria e catastale l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso il quale deve essere richiesta la registrazione, ossia l’Ufficio Territoriale di Udine (avendo il notaio rogante sede in Comune di Udine), anche se l’appartamento compravenduto ricade nella circoscrizione territoriale di Verona e la trascrizione deve essere richiesta presso l’ufficio dei registri immobiliari di Verona, così come la domanda di voltura va presentata al Catasto dei Fabbricati di Verona.
Dal punto di vista organizzativo, si precisa che anche gli uffici dei registri immobiliari e gli uffici del Catasto sono attualmente delle amministrazioni dell’Agenzia delle Entrate, ma fanno parte di un’articolazione (denominata “Dipartimento del Territorio”) diversa rispetto a quella di cui fanno parte gli uffici che si occupano della registrazione degli atti.
Qualora, nella prospettiva della compravendita di una casa di abitazione, le parti intendono vincolarsi reciprocamente stipulando un contratto preliminare di vendita con atto notarile (anziché, come generalmente avviene, con una semplice scrittura privata), il notaio incaricato è tenuto a curare l’esecuzione delle formalità di registrazione e di trascrizione di detto contratto. Il contratto preliminare non è invece soggetto alla voltura catastale, dato che non determina il trasferimento della proprietà.
Spesso la casa di abitazione da vendere è gravata da un’iscrizione ipotecaria a garanzia di un mutuo concesso da una banca al venditore. In tal caso, a meno che le parti (con il benestare della banca) si siano accordate nel senso di far accollare all’acquirente il mutuo concesso al venditore come modalità di pagamento – totale o parziale – del prezzo, chi compra la casa pretende che la stessa venga liberata dall’ipoteca prima della stipula della compravendita. Accade pertanto di frequente che, nello stesso contesto in cui viene formalizzata la compravendita della casa di abitazione, intervenga un funzionario della banca del venditore il quale, previo incasso della somma corrispondente all’importo residuo del mutuo, rilascia l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca (o allo svincolo dall’ipoteca della casa da vendere) con atto ricevuto o autenticato dallo stesso notaio incaricato per la (successiva) compravendita. Quest’ultimo dovrà poi provvedere a richiedere la registrazione dell’atto e a far eseguire presso l’ufficio dei registri immobiliari l’annotazione di cancellazione dell’ipoteca (o di svincolo dall’ipoteca).
Se il compratore non dispone già della somma necessaria per pagare il prezzo, ma ha raggiunto un’intesa con una banca per farsi finanziare – almeno in parte – l’acquisto della casa di abitazione, è normale che la stipula del contratto di compravendita sia immediatamente seguita dalla stipula, sempre formalizzata con atto notarile, di un contatto di mutuo bancario assistito da garanzia ipotecaria. L’acquirente riceve così dalla banca la somma occorrente per pagare (in tutto o in parte) il venditore e garantisce il mutuo accordatogli concedendo alla banca mutuante un’ipoteca sulla casa di abitazione appena acquistata. In tal caso, il notaio incaricato dall’acquirente dovrà occuparsi, oltre che degli adempimenti relativi alla compravendita, anche di quelli correlati al mutuo ipotecario. In particolare, dovrà curare la registrazione del contratto di mutuo e l’iscrizione presso l’ufficio dei registri immobiliari dell’ipoteca a favore della banca.
Come e da parte di chi avviene il pagamento delle imposte dovute? Il “modello unico informatico”
Procedendo alla disamina delle modalità operative con cui il notaio italiano deve in concreto far eseguire le formalità di registrazione, trascrizione nei registri immobiliari e voltura catastale, oltre che versare le corrispondenti imposte, occorre illustrare il funzionamento del sistema cosiddetto del “modello unico informatico” (introdotto a livello normativo con il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.463 e attivato in modo progressivo a partire dall’inizio del decennio che precede, fino ad entrare di recente “a regime” su tutto il territorio italiano).
Detto sistema consiste nella trasmissione, effettuata per via telematica dal notaio ai competenti uffici dell’Agenzia delle Entrate, di un unico documento informatico (appunto il “modello unico informatico”) contenente la richiesta di registrazione dell’atto notarile, la nota di trascrizione nei registri immobiliari e la domanda di voltura catastale, “unitamente a tutta la documentazione necessaria” (art.3 bis, comma 2, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.463). La “documentazione necessaria” comprende, ad esempio, la copia conforme delle procure menzionate negli atti, dei certificati di morte, degli atti di pubblicazione di testamenti e delle rinunzie a eredità che non risultino già depositati presso l’ufficio dei registri immobiliari).
Il modello unico informatico, comprensivo del prospetto degli allegati dell’atto, dei certificati e dei documenti da presentare in virtù di disposizioni di legge o di regolamento, viene trasmesso telematicamente dal notaio assieme alla copia conforme dell’atto da esso ricevuto o autenticato (art. 2 D.P.R. 18 agosto 2000, n.308).
La trasmissione del modello unico informatico deve avvenire entro trenta giorni dal perfezionamento dell’atto (art.5 D.P.R. 18 agosto 2000, n.308).
Non appena riscontrata la presentazione del modello unico informatico da parte del notaio, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per la registrazione dell’atto, sempre per via telematica, rende disponibile una ricevuta che contiene gli estremi dell’avvenuta registrazione.
L’ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione si trovano gli immobili trasferiti, da parte sua, esegue la trascrizione dell’atto dopo aver effettuato il controllo di regolarità formale della nota e del titolo (ossia della copia conforme dell’atto). Se l’esito del controllo è positivo, la trascrizione viene eseguita lo stesso giorno in cui è stato trasmesso il modello unico informatico (se l’invio telematico è avvenuto prima delle ore 12.30), oppure il giorno lavorativo successivo (se l’invio telematico è avvenuto dopo le ore 12.30). Se al contrario l’ufficio dei registri immobiliari riscontra qualche irregolarità (o presunta tale), si possono prospettare due eventualità. Nel caso di irregolarità più lievi, l’ufficio invita informalmente il notaio ad eliminarle, correggendo o integrando la formalità e ritrasmettendola per via telematica. Tuttavia, se il notaio non ottempera all’invito, l’ufficio deve comunque eseguire la trascrizione. Nel caso di irregolarità più gravi, invece, il responsabile dell’ufficio redige un verbale di rifiuto di ricevimento della formalità (art. 2674 del codice civile), o esegue la trascrizione con riserva (art. 2674 bis del codice civile).
Il meccanismo appena descritto non opera tuttavia per gli immobili situati nei Comuni in cui vige il sistema del libro fondiario di cui al Regio Decreto 28 marzo 1929, n.499 (cd. “regime tavolare”), ossia nei territori del Trentino – Alto Adige, delle province di Trieste e di Gorizia e in limitate zone delle province di Udine, di Belluno, di Vicenza e di Brescia, rispetto ai quali la pubblicità degli atti dispositivi viene attuata in modo diverso. In luogo della trascrizione, infatti, detti atti sono soggetti all’iscrizione tavolare (o intavolazione) nei libri fondiari. E l’intavolazione dei trasferimenti di detti immobili è eseguita dall’Ufficio Tavolare in forza di un decreto tavolare emesso dal Giudice Tavolare (o dal Conservatore dell’Ufficio Tavolare eventualmente delegato dal Giudice Tavolare) sulla base della cd. “domanda tavolare”, ossia di un’istanza redatta su supporto cartaceo presentata (di regola) dal notaio rogante o autenticante e accompagnata da una copia conforme dell’atto, anch’essa redatta su supporto cartaceo. Quindi, per gli atti notarili relativi ad immobili in “regime tavolare”, il modello unico informatico viene utilizzato soltanto per gli adempimenti funzionali alla registrazione e alla voltura catastale, non anche all’espletamento della pubblicità immobiliare (art. 3 ter, comma 4, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.463).
Per quanto concerne la voltura catastale, questa viene di regola eseguita automaticamente dal competente ufficio del Catasto a seguito della trasmissione all’Agenzia delle Entrate del modello unico informatico (art.5 D.P.R. 18 agosto 2000, n.308). Il che vale anche per gli atti di trasferimento dei fabbricati siti nei Comuni in cui vige il sistema del libro fondiario.
In sostanza, con la sola eccezione dei trasferimenti immobiliari in “regime tavolare”, può affermarsi che, mediante la presentazione per via telematica del modello unico informatico, il notaio assolve con un unico adempimento le formalità necessarie per la registrazione, la trascrizione e la voltura dell’atto che ha ricevuto o autenticato, formalità che in precedenza seguivano percorsi autonomi.
Ma l’avvento del modello unico informatico ha rappresentato una rivoluzione, oltre che sotto il profilo delle modalità di invio – da parte del notaio – dei documenti destinati ai diversi uffici dell’Agenzia delle Entrate, anche sotto il profilo del pagamento delle imposte dovute per la registrazione, la trascrizione e la voltura degli atti notarili.
La richiesta di registrazione presentata tramite il modello unico informatico, infatti, contiene anche l’autoliquidazione, eseguita dal notaio, delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Inoltre, nel modello unico informatico è riportata l’indicazione del numero di conto corrente bancario del notaio sul quale verranno addebitate le anzidette imposte, come sopra autoliquidate, al cui versamento il notaio stesso è tenuto. Al riguardo, va sottolineato che il notaio è l’unico soggetto legittimato al versamento delle imposte dovute in dipendenza dei propri atti. E’ poi previsto un meccanismo di controllo da parte del competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, il quale verifica la regolarità dell’autoliquidazione operata dal notaio e del versamento delle imposte effettuato di conseguenza.
Qualora, sulla base degli elementi desumibili dall’atto sottoposto a registrazione, risulti dovuta una maggiore imposta, l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate notifica al notaio, entro sessanta giorni dalla presentazione del modello unico informatico, un apposito avviso di liquidazione per l’integrazione dell’imposta versata. Il notaio deve effettuare il pagamento della differenza di imposta entro quindici giorni, decorrenti dalla data di notifica dell’avviso di liquidazione. Se il notaio non vi provvede nel termine suddetto, è tenuto anche al pagamento degli interessi di mora e di una sanzione amministrativa (art. 3 ter del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n.463).
Il modello unico informatico è lo strumento previsto dall’ordinamento italiano per l’esecuzione delle formalità relative a tutti gli atti notarili che contengono negozi dispositivi di beni immobili. Deve essere pertanto utilizzato non soltanto per gli atti di trasferimento di beni immobili, ma anche per i contratti preliminari stipulati con atto notarile, per i mutui assistiti da garanzia ipotecaria e per gli atti di assenso a cancellazione di ipoteche (o di svincolo da ipoteche).
Non compete al notaio, naturalmente, il versamento dell’imposta sul valore aggiunto, qualora dovuta, a cui deve provvedere l’impresa venditrice (la quale la addebita agli acquirenti nelle fatture di vendita).
Il notaio non svolge alcun ruolo neppure in relazione al versamento dell’imposta sostitutiva prevista per i mutui bancari, di cui si darà conto nel prosieguo.
Qual è la responsabilità del notaio in rapporto al pagamento delle imposte?
Come già anticipato, ai sensi della legge di registro, i notai che hanno ricevuto o autenticato l’atto sono obbligati al pagamento dell’imposta di registro in solido con le parti contraenti (art. 57, comma 1, D.P.R. 26 aprile 1986, n.131). Analogamente, il Testo Unico sulle imposte ipotecaria e catastale prevede, per il pagamento di dette imposte, la responsabilità dei notai roganti o autenticanti in solido con i soggetti nel cui interesse sono state richieste la trascrizione e la voltura catastale (art.11 D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.347).
Dal quadro normativo così sommariamente delineato si evince che il notaio italiano, in quanto pubblico ufficiale, è tenuto a richiedere nei tempi di legge la registrazione, la trascrizione e la voltura catastale dell’atto che ha ricevuto o autenticato e, nel contempo, è obbligato al pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, solidalmente con le parti interessate.
Il notaio, in altre parole, deve essere considerato “responsabile d’imposta” nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ossia dello Stato italiano. Infatti, pur non essendo in senso tecnico il soggetto passivo dell’obbligo tributario (obbligate in via principale sono le parti contraenti), il notaio è pur sempre tenuto al versamento dei tributi dovuti in dipendenza degli atti da esso ricevuti o autenticati. Anzi, come si è detto trattando del “modello unico informatico”, è in pratica l’unico soggetto legittimato ad effettuare la corresponsione all’Agenzia delle Entrate delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, non potendo le parti contraenti provvedervi direttamente.
In considerazione della sua responsabilità fiscale, la legge notarile prevede che “il notaio può ricusare il suo ministero se le parti non depositano presso di lui l’importo delle tasse (…) dell’atto (…)” (art. 29 Legge 16 febbraio 1913, n.89).
Tuttavia, una volta ricevuto o autenticato l’atto, la responsabilità del notaio per il pagamento delle imposte dovute è irreversibilmente innescata. Ciò significa che, se il notaio non si è fatto fornire dai clienti la provvista per il pagamento delle imposte, non può comunque sottrarsi all’esecuzione degli adempimenti obbligatori (in primis registrazione, trascrizione nei registri immobiliari e voltura catastale) e, conseguentemente, al versamento delle relative imposte (di registro, ipotecaria e catastale), salvo poi richiedere ai clienti il rimborso di quanto anticipato nel loro interesse.
La solidarietà del notaio con le parti contraenti in ordine al pagamento delle imposte di registro, ipotecaria e catastale opera, peraltro, unicamente per l’imposta “principale”, non estendendosi al pagamento delle imposte “complementare” e “suppletiva” (art. 57, comma 2, D.P.R. 26 aprile 1986, n.131).
La legge di registro distingue nettamente le tre fattispecie: “E’ principale l’imposta applicata al momento della registrazione e quella richiesta dall’ufficio se diretta a correggere errori od omissioni effettuati in sede di autoliquidazione nei casi di presentazione della richiesta di registrazione per via telematica; è suppletiva l’imposta applicata successivamente, se diretta a correggere errori od omissioni dell’ufficio; è complementare l’imposta applicata in ogni altro caso” (art. 42, comma 1, D.P.R. 26 aprile 1986, n.131).
Pertanto, la responsabilità solidale del notaio riguarda solo le imposte di registro, ipotecaria e catastale autoliquidate dal notaio rogante o autenticante in occasione della presentazione per via telematica del modello unico informatico, nonché la differenza di imposte che dovesse essere richiesta dal competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate con l’apposito avviso di liquidazione notificato allo stesso notaio nei sessanta giorni successivi.
Non riguarda, invece, quanto eventualmente dovuto all’Agenzia delle Entrate a titolo di imposta “complementare” o a titolo di imposta “suppletiva”, in particolare le maggiori imposte che l’ufficio dovesse richiedere in dipendenza dell’accertamento di un più elevato valore dei beni trasferiti, oppure per effetto della rideterminazione della base imponibile dell’atto in termini più sfavorevoli per il contribuente, oppure ancora a seguito del riscontro della decadenza da un’agevolazione fiscale richiesta dall’acquirente nell’atto di acquisto e applicata in sede di registrazione. Dette maggiori imposte possono essere quindi richieste dall’ufficio solo alle parti contraenti, non anche al notaio.
Nessuna responsabilità può invece essere addossata al notaio in relazione al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto eventualmente dovuta in dipendenza dei suoi atti, la quale, come si è già visto, deve essere versata dall’impresa venditrice.
Lo stesso dicasi per quanto concerne l’imposta sostitutiva dovuta in relazione ai mutui bancari stipulati con atto notarile, al cui versamento è obbligata la banca che ha concesso il mutuo. Sul punto si tornerà più avanti.
E’ possibile trascrivere/intavolare un atto anche prima del pagamento delle imposte?
In passato, nella prassi notarile italiana, la regola era quella di richiedere la trascrizione dell’atto di trasferimento immobiliare prima della sua registrazione, quindi prima del pagamento delle imposte dovute. Ciò al fine di assicurare, in pendenza del termine per la registrazione, la tempestiva opponibilità ai terzi dell’atto.
Il codice civile prevede infatti che “la trascrizione può essere domandata, quantunque non sia stata ancora pagata l’imposta di registro a cui è soggetto il titolo (…)” (art.2669).
La rilevanza pratica della norma sopra riportata è stata però drasticamente ridimensionata a seguito dell’introduzione nell’ordinamento italiano del modello unico informatico il quale, come detto in precedenza, impone al notaio, nell’ambito di un’unica operazione, l’assolvimento degli obblighi tributari (la registrazione dell’atto e il versamento delle relative imposte) in contemporanea con l’adempimento delle formalità pubblicitarie (la trascrizione, l’iscrizione e l’annotazione nei registri immobiliari) e catastali (la domanda di voltura).
Se anche un notaio presentasse la nota di trascrizione di un suo atto non accompagnata dalla richiesta di registrazione, l’ufficio dei registri immobiliari non potrebbe comunque eseguire la formalità, poiché l’omesso versamento dell’imposta ipotecaria costituisce oggi motivo di rifiuto (art.6, comma 2, D.P.R. 18 agosto 2000, n.308).
Quanto sopra affermato non vale però per i trasferimenti di fabbricati ubicati nei Comuni ove vige il sistema del libro fondiario di cui al Regio Decreto 28 marzo 1929, n.499, ossia il cd. “regime tavolare”. Difatti, come già si è avuto occasione di rilevare, con riferimento ai relativi atti notarili il modello unico informatico è utilizzato soltanto per gli adempimenti connessi alla registrazione e alla voltura catastale, non anche per l’esecuzione delle formalità necessarie per assicurarne la pubblicità immobiliare. Di conseguenza, per gli atti notarili aventi per oggetto il trasferimento di immobili in regime tavolare, è ancora possibile presentare la domanda tavolare prima della loro registrazione e, quindi, prima che siano pagate le imposte dovute. Lo stesso dicasi per i contratti preliminari di vendita formalizzati con atto notarile e per i contratti di mutuo con garanzia ipotecaria.
Naturalmente, il funzionamento del meccanismo del modello unico informatico presuppone la lealtà del notaio-pubblico ufficiale nei confronti del sistema di cui è parte. Pertanto, non meritano di essere prese in considerazione le ipotesi, del tutto patologiche e assolutamente marginali, di richieste di registrazione di atti presentate da notai che non dispongono, sul conto corrente indicato nel modello unico informatico, delle disponibilità necessarie per l’addebito delle imposte da versare.
Che tipo di imposte e in che misura sono dovute?
Passando ad analizzare più nello specifico le principali imposte che colpiscono gli atti di trasferimento di case di abitazione e i contratti di finanziamento connessi, verranno presi in considerazione, nell’ordine: I) gli atti di compravendita, II) gli atti di donazione, III) gli atti di compravendita con pagamento del prezzo da parte di terzi e IV) gli atti di mutuo con garanzia ipotecaria..
I) La tassazione degli atti di compravendita di case di abitazione
Gli atti di compravendita di case di abitazione possono essere sottoposti a due diversi regimi impositivi a seconda che siano o meno assoggettati all’imposta sul valore aggiunto (o IVA).
Compravendite assoggettate ad IVA
In base alla cd. “legge IVA” (D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633), scontano l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto le operazioni di vendita di case di abitazione effettuate dalle imprese che le hanno costruite o che le hanno ristrutturate, a condizione che siano trascorsi meno di cinque anni dalla ultimazione della costruzione o dell’intervento di ristrutturazione (art. 10, 1° comma, n. 8 bis D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633).
Si precisa che affinché possa parlarsi di ristrutturazione nell’accezione rilevante per determinare l’assoggettamento ad IVA della compravendita, non è sufficiente che sia stato eseguito un intervento edilizio di manutenzione straordinaria. La legge IVA, infatti, per qualificare la tipologia dell’intervento edilizio considerato, richiama esplicitamente le classificazioni proprie della normativa urbanistico-edilizia, ossia gli interventi “di restauro e di risanamento conservativo”, “di ristrutturazione edilizia” e “di ristrutturazione urbanistica” (come definiti dall’art. 3, comma 1, lett. c), d) ed f) del Testo Unico dell’Edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n.380).
Si ritiene che il termine quinquennale decorra non dalla effettiva conclusione dei lavori, bensì dalla data in cui è stata presentata al Comune la “dichiarazione di fine lavori” da parte dell’impresa che ha eseguito l’intervento edilizio.
Qualora siano passati più di cinque anni dalla ultimazione della costruzione o dell’intervento di ristrutturazione, l’impresa venditrice può comunque assoggettare l’operazione di vendita ad IVA, ma in questo caso deve espressamente manifestare la relativa opzione nell’atto di vendita (e l’acquirente non vi si può opporre).
Si è già anticipato che l’imposta sul valore aggiunto viene corrisposta direttamente dalla parte acquirente all’impresa venditrice, unitamente al prezzo di vendita, senza che il notaio assuma al riguardo il ruolo di responsabile di imposta.
L’aliquota IVA che si applica alla vendita di case di abitazione dipende dalle caratteristiche oggettive delle case e dai requisiti soggettivi degli acquirenti. Se si tratta di case di abitazione non di lusso, l’aliquota IVA applicabile può essere del 4% o del 10% a seconda che, rispettivamente, ricorrano o meno le condizioni per l’acquisto della cd. “prima casa”. Se invece si tratta di case di abitazione di lusso, l’aliquota IVA applicata è in ogni caso quella ordinaria, attualmente fissata nella misura del 22% (art. 16, comma 1, D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633). E ciò anche qualora gli acquirenti abbiano i requisiti per invocare le agevolazioni per la “prima casa”.
I criteri per qualificare una casa di abitazione come “di lusso” sono, secondo la legge IVA, quelli stabiliti dal Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969, il quale individua una serie di parametri. In concreto, il parametro di gran lunga più rilevante è costituito dalla superficie della casa.
Per quanto attiene ai requisiti soggettivi che deve possedere l’acquirente per beneficiare delle agevolazioni prima casa, la legge IVA rinvia espressamente alle condizioni previste dalla legge di registro (nota II bis all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, annessa al D.P.R. 26 aprile 1986, n.131), sulle quali ci si soffermerà nel prosieguo.
Se la vendita di una casa di abitazione è assoggettata ad IVA, quale che sia l’aliquota applicata, sconta le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di € 200,00 ciascuna.
Compravendite non assoggettate ad IVA
Al di fuori dei casi in cui la vendita non è assoggettata all’imposta sul valore aggiunto, si applica l’imposta di registro in misura proporzionale. Ciò vale, naturalmente, per tutte le vendite di case di abitazione effettuate da soggetti privati o da enti non commerciali. Vale, inoltre, per le vendite di abitazioni effettuate da imprese, qualora queste ultime non le abbiano costruite o ristrutturate da meno di cinque anni, oppure qualora le abbiano costruite o ristrutturate da più di cinque anni, ma non abbiano esercitato nell’atto di vendita l’opzione per l’assoggettamento volontario ad IVA.
Il trattamento tributario delle vendite di case di abitazione che scontano l’imposta di registro in misura proporzionale è cambiato in maniera significativa a partire dal 1° gennaio 2014, con l’entrata in vigore delle modifiche apportate alla tassazione degli atti di trasferimento a titolo oneroso di beni immobili (art. 10 D.Lgs. 14 marzo 2011, n.23).
La disciplina riformata dell’imposta di registro (art. 1 della Tariffa, Parte Prima, annessa al D.P.R. 26 aprile 1986, n.131) prevede, per le vendite di case di abitazione, due distinte aliquote, del 2% e del 9%, rispettivamente per le prime case e per le altre abitazioni. In ogni caso, l’imposta proporzionale di registro non può essere inferiore ad € 1.000,00.
L’applicazione dell’aliquota del 2% è subordinata al ricorrere di specifiche condizioni, concernenti la tipologia dell’abitazione compravenduta e i requisiti soggettivi posseduti dall’acquirente.
Per quanto riguarda la tipologia dell’abitazione, va sottolineato che la nuova formulazione della legge non fa più riferimento alle case “non di lusso” (diversamente, come si è detto, dalla legge IVA), ma si limita ad individuare in negativo l’ambito della fattispecie agevolata, dalla quale vengono escluse le case di abitazione classificate in determinate categorie catastali. Il legislatore della riforma, in altri termini, ha omesso di richiamare esplicitamente i criteri di cui al Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969 (come invece avveniva nella disciplina vigente fino al 31 dicembre 2013), ma ha preferito attenersi alla classificazione delle abitazioni compravendute risultante dal loro censimento nel Catasto dei Fabbricati, negando l’applicazione dell’aliquota più favorevole alle vendite di abitazioni rientranti nelle categorie catastali A1, A8 e A9, proprie, rispettivamente, di “Abitazioni di tipo signorile”, di “Abitazioni in ville” e di “Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici”.
Sono invece rimasti immutati, anche a seguito della novella legislativa, i requisiti soggettivi che l’acquirente deve possedere per beneficiare delle agevolazioni della prima casa.
Detti requisiti possono essere riassuntivamente elencati come segue:
- l’acquirente, a prescindere dalla sua cittadinanza, deve essere residente nel Comune ove è ubicata l’abitazione acquistata, oppure deve trasferire la propria residenza in detto Comune entro diciotto mesi dall’acquisto (assumendo espressamente nell’atto di acquisto un impegno al riguardo), oppure ancora deve svolgere nello stesso Comune la propria attività (lavorativa o di studio); se l’acquirente si è trasferito all’estero per ragioni di lavoro, il Comune nel quale si trova l’abitazione acquistata deve essere quello in cui ha sede o esercita la propria attività il soggetto da cui il lavoratore trasferito dipende; per i cittadini italiani emigrati all’estero, invece, è richiesto soltanto che l’immobile sia acquistato come prima casa nel territorio italiano;
- nell’atto di acquisto l’acquirente deve dichiarare di non possedere, da solo o con il proprio coniuge, un’altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui si trova la casa acquistata;
- nell’atto di acquisto, inoltre, l’acquirente deve dichiarare di non possedere, neanche per quote, un’altra casa di abitazione acquistata con le agevolazioni per la prima casa.
Le compravendite di abitazioni assoggettate all’imposta di registro in misura proporzionale, con l’aliquota del 9% o del 2%, scontano comunque le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di € 50,00 ciascuna
II) La tassazione degli atti di donazione di case di abitazione
Agli atti di trasferimento a titolo gratuito, e quindi in particolare alle donazioni, non si applica l’imposta di registro, bensì l’imposta sulle successioni e donazioni (art. 1 D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.346 e art. 2, comma 47, D.L. 3 ottobre 2006, n.262).
Se le donazioni hanno per oggetto beni immobili, scontano inoltre le imposte ipotecarie e catastali
Il trattamento tributario delle donazioni di case di abitazione cambia sensibilmente in relazione a due variabili:
1) il rapporto esistente tra donante o donatario;
2) il fatto che il donatario possa o meno usufruire delle agevolazioni per la prima casa.
Dalla prima variabile dipende l’individuazione dell’aliquota dell’imposta sulle successioni e donazioni che si applica al valore dei beni donati, nonché la misura dell’eventuale franchigia.
La legge prevede tre diverse aliquote, con tre possibili franchigie (art. 2, commi 49 e 49 bis, D.L. 3 ottobre 2006, n.262).
Se la donazione avviene tra coniugi o tra parenti in linea retta (genitori e figli, nonni e nipoti e viceversa), l’aliquota è del 4%. L’imposta si applica però solo nella misura in cui il valore netto dei beni donati, calcolato per ciascun beneficiario, supera il milione di euro.
Se la donazione avviene tra parenti in linea collaterale fino al quarto grado (fratelli e sorelle, primi cugini, zii e nipoti e viceversa), tra affini in linea retta (suoceri e nuore, suoceri e generi e viceversa), nonché tra affini in linea collaterale fino al terzo grado (cognati e cognate, zii acquisiti e nipoti e viceversa), l’aliquota è del 6%. E’ tuttavia prevista, per le sole donazioni tra fratelli e sorelle, una franchigia di € 100.000,00, anche qui calcolata per ciascun beneficiario.
Se la donazione avviene tra soggetti diversi da quelli sopra elencati, l’aliquota è dell’8%.
In tutti i casi sopra elencati, se il donatario è una persona portatrice di handicap grave riconosciuto, le anzidette aliquote (del 4%, del 6% o dell’8%) si applicano esclusivamente sulla parte di valore dei beni donati che supera il valore di € 1.500.000,00.
La seconda variabile incide invece sul calcolo delle imposte ipotecaria e catastale.
Dette imposte sono di regola dovute nella misura, rispettivamente, del 2% e dell’1%, per tutte le donazioni di beni immobili, ivi comprese quelle aventi per oggetto case di abitazione.
Se però il donatario può invocare le agevolazioni per la prima casa, le stesse imposte si applicano nella misura fissa di € 200,00 ciascuna (art. 69, comma 3, Legge 21 novembre 2000, n. 342).
Con riferimento alle donazioni di prime case di abitazione, si rendono opportune due precisazioni.
Innanzitutto va sottolineato che le condizioni e i requisiti necessari affinché il donatario possa invocare l’agevolazione prima casa sono (per effetto del rinvio operato all’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n.131) quelli stabiliti dalla legge di registro (e non quelli previsti dalla legge IVA). Pertanto, ciò che rileva è che l’abitazione donata non sia classificata nelle categorie catastali A1, A8 e A9 e non che si tratti di casa non di lusso (secondo i criteri di cui al Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969).
Inoltre, va rimarcato che gli anzidetti requisiti e condizioni possono sussistere anche in capo a uno soltanto dei beneficiari della donazione. Ne consegue che, se viene donata una casa di abitazione a una pluralità di donatari e uno solo di questi possiede i requisiti soggettivi per invocare le agevolazioni per la prima casa, ne trarranno comunque vantaggio anche gli altri donatari.
III) La tassazione degli atti di compravendita di case di abitazione con pagamento del prezzo da parte di terzi
Merita qualche cenno l’ipotesi, piuttosto frequente nella prassi, in cui il prezzo di vendita della casa di abitazione non è pagato dall’acquirente, bensì da un soggetto terzo. Si considera, naturalmente, l’ipotesi di pagamento del prezzo svincolata da preesistenti rapporti obbligatori tra acquirente e terzo pagatore e caratterizzata dalla volontà di quest’ultimo di realizzare una liberalità nei confronti del primo, come di regola accade quando a pagare il prezzo sono i genitori dell’acquirente.
Si è ritenuto di affrontare l’argomento dopo la trattazione delle compravendite e delle donazioni, in quanto la fattispecie in esame presenta degli aspetti che la pongono in un certo senso a cavallo tra i trasferimenti a titolo oneroso e quelli a titolo gratuito.
Dal punto di vista del venditore, infatti, l’onerosità è resa manifesta dalla percezione del corrispettivo. Per contro, dal punto di vista del compratore, l’acquisto dell’abitazione effettuato senza aver sborsato il prezzo rappresenta un evidente arricchimento patrimoniale, conseguito in dipendenza di una liberalità del terzo pagatore. Liberalità, peraltro, che non viene realizzata mediante una donazione diretta, dato che il terzo pagatore non trasferisce all’acquirente né l’abitazione, la quale viene ceduta a quest’ultimo dal venditore, né il denaro, il quale passa direttamente dal terzo pagatore al venditore. Si tratta quindi di una liberalità non donativa, che si suole definire “donazione indiretta” dell’abitazione.
Si potrebbe allora dubitare che la fattispecie in discussione presenti, nell’ottica fiscale, un duplice profilo di imponibilità: da un lato in quanto compravendita, dall’altro in quanto donazione indiretta.
In linea di principio il dubbio avrebbe ragione di porsi, dal momento che costituiscono presupposto impositivo per l’imposta sulle successioni e donazioni, oltre ai trasferimenti per donazione, anche quelli per “altra liberalità tra vivi” (art. 1, comma 1, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.346) e quelli “a titolo gratuito” (art. 2, comma 49, D.L. 3 ottobre 2006, n.262).
La questione risulta però risolta dalla specifica disposizione contenuta del Testo unico dell’imposta sulle successioni e donazioni (art. 1, comma 4 bis, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n.346), la quale esclude che detta imposta colpisca le donazioni indirette collegate ad atti per i quali sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale o dell’imposta sul valore aggiunto. E, come chiarito in precedenza, atti di compravendita di abitazioni sono soggetti, alternativamente, all’imposta di registro in misura proporzionale oppure all’imposta sul valore aggiunto.
Si può quindi affermare che la tassazione degli atti di compravendita di case di abitazione con pagamento del prezzo da parte di terzi è quella ordinaria delle compravendite.
IV) La tassazione dei mutui ipotecari stipulati per l’acquisto di case di abitazione
Molto spesso l’acquirente di una casa di abitazione stipula un contratto di mutuo ipotecario con una banca onde poter disporre del denaro necessario per il pagamento del prezzo della compravendita.
Generalmente l’ipoteca a garanzia del mutuo viene concessa alla banca sulla casa di abitazione oggetto di acquisto, ma può accadere che venga concessa su un immobile diverso, di proprietà dello stesso acquirente o di un terzo soggetto (che generalmente è un familiare dell’acquirente).
A prescindere dalla natura del bene ipotecato e dall’identità del soggetto concedente l’ipoteca, i contratti di mutuo bancario con garanzia ipotecaria – che devono necessariamente essere formalizzati con atto notarile – sono assoggettati a un regime fiscale agevolato quando sono stipulati per una durata superiore ai 18 mesi (art.15 ss. D.P.R. 29 settembre 1973, n.601).
Per tali contratti è infatti prevista l’applicazione di un’imposta sostitutiva, in luogo delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e di bollo (di importo molto più elevato).
L’applicazione della disciplina di favore è subordinata a una specifica opzione, che deve essere esercitata dalla banca per iscritto nell’atto di concessione del finanziamento (art.17, comma 1, D.P.R. 29 settembre 1973, n.601) .
L’aliquota dell’imposta sostitutiva varia a seconda che il mutuo sia stipulato per l’acquisto di una abitazione effettuato usufruendo delle agevolazioni per la prima casa, oppure per l’acquisto di un’abitazione in assenza di agevolazioni. Nella prima ipotesi, l’aliquota è dello 0,25 %. Nella seconda ipotesi è del 2 %. Affinché l’imposta sostitutiva venga applicata con l’aliquota dello 0,25% è però necessario che, nel contratto di mutuo o in un allegato allo stesso, la parte mutuataria dichiari espressamente che il mutuo è destinato all’acquisto di un’abitazione per la quale ricorrono le condizioni per la prima casa (art.18 D.P.R. 29 settembre 1973, n.601). L’enunciazione della finalità del mutuo è quindi decisiva per la determinazione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva, a prescindere dal fatto che l’ipoteca sia concessa sulla stessa casa per il cui acquisto il mutuo è stato accordato, oppure un altro immobile, anche di proprietà di soggetti diversi dall’acquirente.
L’imposta sostitutiva è calcolata sull’ammontare del mutuo, indipendentemente dall’importo a garanzia del quale verrà iscritta l’ipoteca (il quale generalmente è pari al 150% o al 200% della somma mutuata).
L’assoggettamento del mutuo ipotecario all’imposta sostitutiva determina l’esenzione dalle ordinarie imposte (di registro, ipotecaria, di bollo, ecc.) non solo per l’atto con cui viene accordato il mutuo da parte della banca e concessa l’ipoteca in garanzia, ma anche per tutti gli atti connessi, in particolare per i successivi atti di cancellazione dell’ipoteca (o di svincolo dall’ipoteca), nonché per gli eventuali atti di postergazione del grado dell’ipoteca.
Pertanto, per fare un esempio che ricorre spesso nella prassi, se il venditore aveva in precedenza concesso un’ipoteca sulla casa di abitazione a garanzia di un mutuo bancario soggetto all’imposta sostitutiva e, avendo estinto il mutuo grazie al denaro ricevuto dal compratore, si è accordato con quest’ultimo per far cancellare l’ipoteca prima della (o contestualmente alla) stipula del rogito di compravendita, l’eventuale atto notarile con cui la banca presta l’assenso alla cancellazione dell’ipoteca sarà esente dalle imposte di registro, ipotecaria e di bollo.
Come e da parte di chi viene effettuato il calcolo delle imposte dovute?
Si è dato conto di quali sono le imposte dovute in relazione agli atti di compravendita e di donazione.
Occorre adesso chiarire come e da parte di chi viene effettuato il calcolo delle predette imposte.
I ) Compravendite soggette ad IVA
Nelle compravendite soggette ad imposta sul valore aggiunto in modo ordinario è l’impresa venditrice che calcola l’imposta stessa, indicandone l’importo nella fattura di vendita. Il computo si esegue applicando l’aliquota IVA stabilita per la specifica operazione (del 4%, del 10% o del 22%) a una base imponibile costituita dal prezzo di vendita (art. 13, comma 1, D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633).
Se l’acquirente paga degli acconti di prezzo prima della stipula dell’atto notarile di compravendita, l’impresa venditrice deve emettere le fatture per i corrispondenti importi, con applicazione dell’aliquota I.V.A. che risulta dovuta. Naturalmente, affinché l’impresa venditrice possa applicare sugli acconti di prezzo l’IVA con l’aliquota agevolata del 4%, è necessario che il compratore le abbia preventivamente dichiarato di possedere i requisiti per l’acquisto della prima casa.
Il compito del notaio risulta quindi semplificato, riducendosi all’applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa (di € 200,00 ciascuna).
II) Compravendite soggette ad imposta di registro
Più articolato è il discorso per le compravendite che scontano l’imposta di registro in misura proporzionale, rispetto alle quali è il notaio il soggetto tenuto a calcolare in che misura sono dovute le imposte, in particolare l’imposta di registro.
Nel liquidare l’imposta di registro, infatti, il notaio deve tenere conto di quattro diverse circostanze:
- della sussistenza o meno delle condizioni e dei requisiti per l’applicazione dell’aliquota agevolata (del 2%) per l’acquisto della prima casa;
- della possibilità per l’acquirente di avvalersi del sistema del cd. “prezzo-valore”, ossia della facoltà di richiedere al notaio che l’imposta di registro venga applicata a una base imponibile costituita non dal prezzo di vendita dichiarato nell’atto, bensì dal valore catastale della casa di abitazione. Tale possibilità, che presuppone l’avvenuta attribuzione della rendita catastale alla casa di abitazione compravenduta, è consentita solo qualora l’acquirente sia una persona fisica che non agisce nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, ma nella sua veste privata (art. 1, comma 496, Legge 23 dicembre 2005, n.266). Il sistema del prezzo-valore appare vantaggioso sotto un duplice profilo. In primo luogo perché il valore catastale delle case di abitazione, determinato moltiplicando la rendita catastale per un coefficiente prestabilito (che è pari a 115,5 oppure a 126, rispettivamente per le prime case o per le altre abitazioni), è generalmente molto più basso rispetto al loro valore commerciale. Per fare un esempio, una casa di abitazione che viene compravenduta per € 200.000,00 spesso ha un valore catastale che non supera gli € 70.000,00/80.000,00. In secondo luogo perché l’Amministrazione finanziaria, nell’ambito della sua attività di controllo sugli atti sottoposti a registrazione, non può sottoporre a rettifica il valore e il prezzo dichiarati negli atti di compravendita cui si applica il sistema del prezzo-valore (art. 52, comma 5 bis, D.P.R. 26 aprile 1986, n.131);
- della possibilità di portare in diminuzione dell’imposta dovuta per la registrazione del contratto definitivo di compravendita l’imposta proporzionale eventualmente versata in dipendenza della conclusione di un contratto preliminare. Occorre infatti considerare che se, in occasione della stipula di un contratto preliminare di compravendita, sono state versate dalla parte promissaria acquirente alla parte promittente venditrice delle somme a titolo di acconto sul prezzo di vendita o a titolo di caparra, sulle anzidette somme è già stata pagata l’imposta di registro in misura proporzionale all’Agenzia delle Entrate. L’imposta proporzionale di registro, che è dovuta rispettivamente nella misura del 3% per gli acconti di prezzo e nella misura dello 0,5% per le caparre, va pagata non solo se il contratto preliminare è formalizzato con atto notarile, ma anche se è concluso con semplice scrittura privata non autenticata. In ogni caso, l’imposta di registro che è stata pagata in relazione all’acconto di prezzo o alla caparra è imputata all’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo di compravendita;
- dell’eventuale sussistenza di un credito di imposta originato dalla rivendita di una precedente prima casa. Tale credito di imposta, che corrisponde all’importo dell’imposta di registro o dell’imposta sul valore aggiunto versata al momento dell’acquisto dell’originaria prima casa, può essere fatto valere, fino a concorrenza, per diminuire l’imposta di registro (non l’I.V.A.) da corrispondere in occasione dell’acquisto della nuova prima casa. Il credito di imposta in commento spetta, tuttavia, subordinatamente al ricorrere di due condizioni: 1) entrambi gli acquisti delle abitazioni devono beneficiare (il nuovo acquisto) e aver beneficiato (l’acquisto precedente) delle agevolazioni per la prima casa; 2) il nuovo acquisto di prima casa deve avvenire entro un anno dalla rivendita della precedente prima casa.
III) Donazioni
E’ ancora il notaio il soggetto tenuto ad effettuare il calcolo delle imposte dovute in relazione alle donazioni di case di abitazione. Calcolo che impone di considerare tre diversi aspetti:
- il rapporto esistente tra donante e donatario, dal quale dipende, come si è visto, l’individuazione dell’aliquota applicabile all’imposta sulle successioni e donazioni, con la relativa eventuale franchigia;
- la possibilità per il donatario di avvalersi o meno dell’agevolazione per la prima casa, la quale influisce sulla liquidazione delle imposte ipotecaria e catastale (che, come detto in precedenza, sono dovute in misura fissa se il donatario beneficia dell’agevolazione in commento, altrimenti in misura proporzionale);
- la determinazione della base imponibile per l’applicazione delle anzidette imposte (sulle successioni e donazioni, ipotecaria e catastale). Va infatti considerato che se il valore indicato nell’atto di donazione ai fini della registrazione è almeno pari al valore catastale dell’abitazione, l’Amministrazione finanziaria non può accertare un imponibile maggiore. E’ pertanto opportuno che sia dichiarato nell’atto un importo non inferiore al suddetto valore catastale, il quale viene quantificato moltiplicando la rendita catastale dell’abitazione donata per il coefficiente stabilito dalla legge (pari a 115,5 per le prime case e a 126 per le altre abitazioni). Se invece non è possibile fare riferimento al valore catastale, poiché all’abitazione non è stata attribuita la rendita catastale (il che avviene di frequente quando si tratta di un fabbricato in corso di costruzione o di ristrutturazione), è consigliabile che nell’atto le parti dichiarino ai fini della registrazione un importo corrispondente al (verosimile) valore di mercato dell’abitazione donata.
IV) Mutui ipotecari stipulati per l’acquisto di case di abitazione
Con riferimento ai mutui ipotecari cui si applica l’imposta sostitutiva prevista per i finanziamenti aventi durata superiore ai 18 mesi (art.15 ss. D.P.R. 29 settembre 1973, n.601), è la banca mutuante ad effettuare il calcolo dell’imposta stessa.
La banca esegue detto calcolo tenendo conto, come si è detto, dell’esercizio dell’opzione per l’imposta sostitutiva, della finalità del mutuo e delle corrispondenti menzioni espresse nell’atto con cui il finanziamento è concesso.
E’ sempre la banca che provvede al versamento dell’imposta sostitutiva (art.20 D.P.R. 29 settembre 1973, n.601).
Il notaio ha un ruolo anche nella tassazione delle plusvalenze?
Le “plusvalenze”, ossia i guadagni, realizzati da un soggetto privato (non quindi da un imprenditore) che cede “a titolo oneroso” (non dunque per donazione) un bene immobile costituiscono, per la legge italiana, redditi tassabili che rientrano tra i “redditi diversi”.
Il testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917) disciplina in maniera piuttosto dettagliata le fattispecie che danno luogo a plusvalenze imponibili in relazione al compimento di operazioni immobiliari (art. 67, 1° comma, lett. a e b).
Dovendo esaminare nella presente relazione le compravendite di immobili ad uso abitativo, non si prenderanno in considerazione, da un lato, le cessioni a titolo oneroso diverse dalle vendite (quali, ad esempio, le permute o le transazioni) e, dall’altro, le vendite di immobili non abitativi (quali terreni, capannoni, negozi, uffici, ecc.).
Si tratteranno, quindi, le sole ipotesi di plusvalenze originate da vendite di case di abitazione effettuate da privati e si evidenzierà il ruolo che può svolgere il notaio al riguardo.
Innanzitutto, occorre sottolineare che la vendita di una casa di abitazione può rilevare come plusvalenza imponibile soltanto qualora ricorrano i seguenti presupposti:
- deve trattarsi di casa di abitazione acquistata o costruita dal venditore da non più di cinque anni. Ne consegue che non vi è plusvalenza imponibile se sono decorsi cinque anni e un giorno dalla data dell’atto di acquisto o dalla data di ultimazione della costruzione (al riguardo si può fare riferimento alla richiesta del certificato di agibilità presentata al Comune). Se la casa oggetto di vendita è stata ricevuta dal venditore per donazione, il quinquennio decorre dalla data di acquisto da parte del donante;
- l’acquisto non deve essere avvenuto per successione. In questo caso non vi è plusvalenza imponibile neppure se sono decorsi meno di cinque anni tra la data di acquisto da parte del defunto e la data della vendita dal parte dell’erede o del legatario;
- la casa oggetto di vendita non deve essere stata adibita ad “abitazione principale” del venditore o dei suoi familiari per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la vendita. La nozione di “abitazione principale” non coincide con quella di “prima casa” e non rileva neppure che la casa sia stata effettivamente abitata dal venditore o dai suoi familiari. Ciò che conta per l’Amministrazione Finanziaria è che in quella casa sia stata fissata la “residenza anagrafica” del venditore o dei suoi familiari per il periodo sopra indicato.
Naturalmente, si può parlare di plusvalenza nella misura in cui il corrispettivo percepito dal venditore sia maggiore del cd. “valore iniziale” della casa di abitazione venduta. Quest’ultimo si calcola assumendo come importo di riferimento il prezzo di acquisto o il costo di costruzione della casa oggetto di vendita, indicizzandolo sulla base dell’inflazione maturata e aumentandolo di ogni altro costo inerente alla casa sostenuto nel periodo antecedente la vendita (in particolare le spese sostenute in occasione dell’acquisto da parte dell’attuale venditore e le spese sostenute per interventi edilizi effettuati dal venditore stesso). Se la casa venduta era pervenuta al venditore per donazione, si assume come prezzo di acquisto o come costo di costruzione quello sostenuto dal donante (art. 68, 1° comma, D.P.R. 22 dicembre 1986, n.917). Si ha una plusvalenza imponibile ove il risultato dell’operazione di sottrazione del “valore iniziale” dal corrispettivo ottenuto dal venditore sia positivo.
Ricorrendo i presupposti sopra elencati, la plusvalenza così determinata, di regola, andrà sommata agli altri redditi percepiti dal venditore nel periodo di imposta in cui la vendita è stata perfezionata e verrà conseguentemente sottoposta a tassazione con le aliquote ordinarie previste per l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).
In alternativa, la legge prevede che il venditore possa avvalersi della facoltà di corrispondere sulla plusvalenza un’imposta, sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), da versare tramite il notaio, al quale il venditore stesso deve fornire la relativa provvista (art. 1, comma 496, Legge 23 dicembre 2005, n.266).
L’aliquota dell’anzidetta imposta sostitutiva è unica ed è attualmente fissata nella misura del 20%.
Venendo ora a delineare il ruolo del notaio nell’ambito della tassazione delle plusvalenze di immobili ad uso abitativo, può affermarsi che:
- in primo luogo il notaio, pur in assenza di uno specifico incarico professionale, ogni qual volta rilevi, sulla base della documentazione in suo possesso, che un’operazione di vendita possa generare una plusvalenza imponibile, è tenuto a darne avviso al venditore, affinché quest’ultimo sia consapevole dell’obbligo tributario che ne consegue sotto il profilo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF);
- in secondo luogo il notaio, sempre in assenza di uno specifico incarico professionale, deve rendere edotto il venditore in merito alla possibilità di avvalersi della facoltà di pagare l’imposta sostitutiva, onde consentirgli di verificare la convenienza o meno di avvalersi di detta facoltà rispetto al pagamento delle ordinarie imposte sui redditi;
- in terzo luogo, ma solo a seguito del conferimento di uno specifico incarico professionale e previa somministrazione della corrispondente provvista da parte del venditore, il notaio è tenuto a fare quanto segue:
- ad inserire nell’atto di vendita la dichiarazione del venditore relativa all’opzione per l’imposta sostitutiva;
- in occasione della presentazione del modello unico informatico, a compilare un apposito campo della richiesta di registrazione contenente l’indicazione delle modalità di calcolo dell’imposta sostitutiva e l’importo della stessa; naturalmente, è il venditore che deve fornire al notaio la documentazione necessaria per il calcolo della plusvalenza, sempre che non vi provveda direttamente lo stesso venditore (di solito con l’assistenza di un commercialista);
- a versare per conto del venditore l’imposta sostitutiva all’Agenzia delle Entrate, con le ordinarie modalità previste per il pagamento delle imposte relative agli atti (e quindi con addebito sul conto corrente indicato modello unico informatico). Con riferimento a detto ultimo adempimento, si ritiene tuttavia che il notaio non sia “responsabile di imposta” nell’accezione in precedenza illustrata, ma sia piuttosto un soggetto incaricato al pagamento dell’imposta nell’ambito di una delegazione di pagamento, quale mandatario ex lege che agisce per conto del venditore (che è tenuto a fornirgli preventivamente la relativa provvista) e nell’interesse dell’Amministrazione Finanziaria. Pertanto, l’obbligo di provvedere al versamento dell’imposta sostitutiva sorge in capo al notaio solo qualora il venditore, oltre ad avere esercitato l’opzione per l’applicazione di detta imposta, gli abbia somministrato la corrispondente provvista.
In che misura il notaio è tenuto alla consulenza ed informazione fiscale delle parti?
Essendo munito di una competenza specifica in materia di imposte indirette, il notaio è chiamato a fornire ai suoi clienti un’accurata consulenza fiscale, onde metterli in condizione di scegliere in modo consapevole lo strumento negoziale più idoneo alla realizzazione dei loro intenti. Deve pertanto chiarire, oltre che gli aspetti di natura civilistica, anche i risvolti di carattere tributario dei diversi contratti che i clienti hanno in programma di stipulare.
Quanto appena affermato si riferisce, naturalmente, a tutta l’attività notarile, ma assume una valenza peculiare con riferimento agli acquisti di case di abitazione. Ciò in quanto, nella generalità dei casi, gli acquirenti di case di abitazione sono persone che non possono contare sull’assistenza di professionisti di parte dotati di conoscenze approfondite sulle imposte indirette.
Avendo riguardo alle fattispecie considerate nella presente relazione, può rilevarsi che l’attività di consulenza fiscale del notaio si esplica in particolare in relazione agli aspetti trattati esaminando le modalità di calcolo delle imposte. Per fare degli esempi, in tutti i trasferimenti di abitazioni, sia a titolo di compravendita che di donazione, il notaio deve verificare la sussistenza o meno dei requisiti per le agevolazioni “prima casa” in capo all’acquirente, illustrando le conseguenze dell’eventuale decadenza dalle agevolazioni stesse. Nell’ambito delle compravendite deve inoltre far presenti i vantaggi connessi al sistema del cd. “prezzo-valore” e, ove possibile, far valere i crediti di imposta eventualmente spettanti all’acquirente in dipendenza della stipula di contratti preliminari o della rivendita di precedenti “prime case”. Nell’ambito delle donazioni, invece, deve suggerire alle parti di dichiarare – ai fini della registrazione – valori non inferiori a quelli catastali. Qualora il pagamento del prezzo di vendita venga effettuato da un terzo, il notaio deve valutare con le parti l’opportunità di far intervenire nell’atto il terzo pagatore, onde dare evidenza alla liberalità indiretta che si viene a realizzare. Si è anche visto che il notaio è tenuto a rendere edotto il venditore in merito alle eventuali plusvalenze maturate ed alla possibilità di avvalersi della facoltà di pagare l’imposta sostitutiva.
In definitiva, può affermarsi che rientri a pieno titolo tra i compiti del notaio la consulenza fiscale a favore delle parti, la quale deve essere resa cercando di contemperare le esigenze dell’Amministrazione Finanziaria al gettito tributario e dei privati a non subire un’imposizione fiscale più gravosa del dovuto. In altre parole, per utilizzare un’espressione adottata da autorevole dottrina notarile (Pietro Carusi), il notaio deve adoperarsi per realizzare la “giusta minor tassazione”.
E non può farsi a meno di rilevare che ciò è connaturato all’essenza del notaio, sintesi di pubblico ufficiale e di libero professionista, tenuto a svolgere un’attività che vede valorizzati entrambi gli aspetti in cui si riassume la sua figura, accompagnando l’espletamento della pubblica funzione con la prestazione di una scrupolosa consulenza giuridica a beneficio dei clienti.
Prospetto riepilogativo delle imposte dovute per gli atti di trasferimento
di case di abitazione e per i mutui ipotecari connessi
ATTI DI COMPRAVENDITA
Compravendita di abitazione non di lusso assoggettata ad IVA – applicazione agevolazioni prima casa – prezzo € 200.000,00 – valore catastale € 70.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileImporto dell’impostaImposta sul valore aggiunto (IVA)4 %€ 200.000,00€ 8.000,00Imposta di registroFissa € 200,00Imposta ipotecariaFissa € 200,00Imposta catastaleFissa € 200,00 |
Compravendita di abitazione non di lusso assoggettata ad IVA – senza applicazione agevolazioni prima casa – prezzo € 200.000,00 – valore catastale € 77.000,00
Tipo di imposta | Aliquota o misura dell’imposta | Base imponibile | Importo dell’imposta |
Imposta sul valore aggiunto (IVA) | 10 % | € 200.000,00 | € 20.000,00 |
Imposta di registro | Fissa | € 200,00 | |
Imposta ipotecaria | Fissa | € 200,00 | |
Imposta catastale | Fissa | € 200,00 |
Compravendita di abitazione di lusso assoggettata ad IVA – prezzo € 200.000,00 – valore catastale € 77.000,00
Tipo di imposta | Aliquota o misura dell’imposta | Base imponibile | Importo dell’imposta |
Imposta sul valore aggiunto (IVA) | 22 % | € 200.000,00 | € 44.000,00 |
Imposta di registro | Fissa | € 200,00 | |
Imposta ipotecaria | Fissa | € 200,00 | |
Imposta catastale | Fissa | € 200,00 |
Compravendita di abitazione assoggettata ad imposta di registro in misura proporzionale – applicazione agevolazioni prima casa – prezzo € 200.000,00 – valore catastale € 70.000,00
Tipo di imposta | Aliquota o misura dell’imposta | Base imponibile | Importo dell’imposta |
Imposta di registro | 2 % | € 70.000,00 | € 1.400,00 |
Imposta ipotecaria | Fissa | € 50,00 | |
Imposta catastale | Fissa | € 50,00 |
Compravendita di abitazione assoggettata ad imposta di registro in misura proporzionale – senza applicazione agevolazioni prima casa – prezzo € 200.000,00 – valore catastale € 77.000,00
Tipo di imposta | Aliquota o misura dell’imposta | Base imponibile | Importo dell’imposta |
Imposta di registro | 9 % | € 77.000,00 | € 6.930,00 |
Imposta ipotecaria | Fissa | € 50,00 | |
Imposta catastale | Fissa | € 50,00 |
ATTI DI DONAZIONE
Donazione di abitazione tra coniugi o tra parenti in linea retta – applicazione agevolazioni prima casa – valore venale € 200.000,00 – valore catastale € 70.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibile FranchigiaImporto dell’impostaImposta di donazione4 % € 70.000,00€ 1.000.000,00€ 0,00Imposta ipotecariaFissa € 200,00Imposta catastaleFissa € 200,00 | |||
Donazione di abitazione tra coniugi o tra parenti in linea retta – senza applicazione agevolazioni prima casa – valore venale € 200.000,00 – valore catastale € 77.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileFranchigiaImporto dell’impostaImposta di donazione4 %€ 77.000,00€ 1.000.000,00€ 0,00Imposta ipotecaria2 %€ 77.000,00 € 1.540,00Imposta catastale1 %€ 77.000,00 € 770,00 |
Donazione di abitazione tra fratelli o sorelle – applicazione agevolazioni prima casa – valore venale € 200.000,00 – valore catastale € 70.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileFranchigiaImporto dell’impostaImposta di donazione6 %€ 70.000,00€ 100.000,00€ 0,00Imposta ipotecariaFissa € 200,00Imposta catastaleFissa € 200,00 | |||
Donazione di abitazione tra fratelli o sorelle – senza applicazione agevolazioni prima casa – valore venale € 200.000,00 – valore catastale € 77.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibile FranchigiaImporto dell’impostaImposta di donazione6 %€ 77.000,00€ 100.000,00€ 0,00Imposta ipotecaria2 %€ 77.000,00 € 1.540,00Imposta catastale1 %€ 77.000,00 € 770,00 |
Donazione di abitazione tra altri parenti in linea collaterale fino al quarto grado, tra affini in linea retta e tra affini in linea collaterale fino al terzo grado – applicazione agevolazioni prima casa – valore venale € 200.000,00 – valore catastale € 70.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileFranchigiaImporto dell’impostaImposta di donazione6 %€ 70.000,00 € 4.200,00Imposta ipotecariaFissa € 200,00Imposta catastaleFissa € 200,00 |
Donazione di abitazione tra altri parenti in linea collaterale fino al quarto grado, tra affini in linea retta e tra affini in linea collaterale fino al terzo grado – senza applicazione agevolazioni prima casa – valore venale € 200.000,00 – valore catastale € 77.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileFranchigiaImporto dell’impostaImposta di donazione6 %€ 77.000,00 € 4.620,00Imposta ipotecaria2 %€ 77.000,00 € 1.540,00Imposta catastale1 %€ 77.000,00 € 770,00 |
Donazione di abitazione tra soggetti diversi – applicazione agevolazioni prima casa – valore venale € 200.000,00 – valore catastale € 70.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileFranchigiaImporto dell’impostaImposta di donazione8 %€ 70.000,00 € 5.600,00Imposta ipotecariaFissa € 200,00Imposta catastaleFissa € 200,00 |
Donazione di abitazione tra soggetti diversi – senza applicazione agevolazioni prima casa – valore venale € 200.000,00 – valore catastale € 77.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileFranchigiaImporto dell’impostaImposta di donazione8 %€ 77.000,00 € 6.160,00Imposta ipotecaria2 %€ 77.000,00 € 1.540,00Imposta catastale1 %€ 77.000,00 € 770,00 |
ATTI DI MUTUO BANCARIO CON GARANZIA IPOTECARIA
Mutuo (durata superiore a 18 mesi) contratto per l’acquisto di abitazione con applicazione agevolazioni prima casa – ammontare finanziamento € 200.000,00 – ipoteca da iscriversi per € 400.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileImporto dell’impostaImposta sostitutiva sui finanziamenti0,25 %€ 200.000,00€ 500,00Imposta di registroEsente Imposta ipotecariaEsente |
Mutuo (durata superiore a 18 mesi) contratto per l’acquisto di abitazione senza applicazione agevolazioni prima casa – ammontare finanziamento € 200.000,00 – ipoteca da iscriversi per € 400.000,00
Tipo di impostaAliquota o misura dell’impostaBase imponibileImporto dell’impostaImposta sostitutiva sui finanziamenti2,00 %€ 200.000,00€ 4.000,00Imposta di registroEsente Imposta ipotecariaEsente |