XXXVIII° CONVEGNO del Comitato Italo-Austriaco del Notariato
4/5 Ottobre 2013 – Castello di Spessa, Capriva dei Friuli
Il legato: tipi, modalità ed acquisto in Italia
Dott.a Elisabetta Bergamini, notaio a Cividale d.F. (Friuli – Venezia Giulia)
1. Definizione
Ex art. 588 1°comma c.c. il legato è la «disposizione a titolo particolare» con la quale il testatore attribuisce a un soggetto determinato (o da scegliersi un una cerchia predeterminata di soggetti) singoli beni. Con il termine legato ci si riferisce, quindi, sia all’atto (e quindi alla disposizione), sia all’oggetto (e quindi al bene). È bene ricordare che il legatario di regola è successore a titolo particolare, ma vi sono delle eccezioni a tale principio laddove non può parlarsi di successione in senso tecnico (es. legato di alimenti) oppure ove non vi sia la presenza di una derivazione mortis causa da un diritto facente capo al testatore (es. legato di liberazione da debito). Per queste ragioni è preferibile definire il legato come quel negozio giuridico a causa di morte con effetti attributivi (di diritti reali o di credito) o estintivi connessi a singoli beni appositamente individuati.
A differenza dell’eredità, che riguarda tutto il patrimonio del soggetto defunto o una sua quota e determina la trasmissione della generalità dei rapporti giuridici dal defunto all’erede (successione a titolo universale), il legato opera solo limitatamente a una o più determinati rapporti patrimoniali attivi di contenuto economico. Il legato si distingue ulteriormente dall’attribuzione a titolo di erede anche per la modalità con cui viene acquisito, infatti:
- il suo acquisto non necessita di un’accettazione ma avviene automaticamente, salva la facoltà per il legatario di rinunziarvi;
- il possesso in cui viene immesso il beneficiario è da considerarsi un nuovo possesso rispetto a quello del de cuius, non costituendone, cioè, una continuazione come nel caso di eredità.
Va, infine ricordato che solo nelle ipotesi di legato è prevista la possibilità di apporre termini e che, a differenza dell’erede che potrà esser chiamato a rispondere dei debiti ereditari, il legatario non potrà mai esserne tenuto al pagamento.
Un altro istituto strettamente connesso al legato è quello dell’onere (o c.d. modus). La distinzione tra i due concetti si basa sul concetto di onere quale elemento accessorio ad una disposizione principale a titolo di erede o di legato. In dottrina sono stati proposti diversi criteri per distinguere le due ipotesi: l’autonomia o meno della disposizione, l’acquisto diretto o indiretto, l’indeterminatezza o meno del beneficiario, ma il criterio preferibile è proprio quest’ultimo. Mentre il legato e l’istituzione di erede sono attribuzioni che realizzano l’interesse del destinatario, indipendentemente dalla cooperazione di un soggetto terzo, l’onere necessita, al contrario, della collaborazione di un soggetto diverso dal testatore e dal beneficiario e fa nascere un rapporto obbligatorio di credito/debito in cui obbligato è l’erede o il legatario.
Ci si è chiesti, però, come si possa, sulla base di tali premesse distinguere l’onere dal legato obbligatorio dal momento che entrambi fanno nascere un rapporto di credito/debito. Sebbene l’elemento differenziante si ravvisi anche nella determinatezza del beneficiario (è il caso del legato) o meno (è il caso dell’onere), è l’interesse alla realizzazione della prestazione che risulta elemento discriminante. Infatti:
- nel legato la disposizione è volta a realizzare un interesse specifico, un interesse a una prestazione riconducibile solamente a un determinato soggetto ovverosia il legatario (determinatezza dell’interesse);
- nel modus l’interesse può essere diffuso, o di categoria, o non è escluso, possa essere addirittura un interesse del testatore stesso.
Conseguenza di questa impostazione è che nel caso di legato, unico soggetto legittimato ad agire per l’adempimento sarà il legatario, mentre nel caso di onere tale legittimazione spetterà, al contrario, a qualunque interessato.
2. Disposizione del legato
Ai sensi dell’art. 587 c.c. il legato può essere disposto per testamento: è, infatti, solo con il testamento che un soggetto può disporre delle proprie sostanze, o parte di esse, per il tempo in cui avrà cessato di vivere.
L’ordinamento giuridico italiano, pertanto, vieta i patti/contratti successori, ossia tutte le convenzioni con le quali taluno intenda disporre, attraverso atti inter vivos (in forma contrattuale) della propria successione, nonché ogni altro atto con il quale un soggetto intenda disporre di diritti che possono spettargli su una successione futura non ancora aperta, o, da ultimo, intenda rinunciare ai medesimi prima dell’apertura di detta successione. La violazione di tale divieto conduce, ex art. 458 c.c., alla nullità di tali pattuizioni.
Quanto alla prima ipotesi sopra prospettata, la nullità trova fondamento nell’esigenza di tutela della libertà testamentaria, mentre quanto alle altre, la ratio risiede nel non condizionare il disponente a spogliarsi dei suoi beni, sul presupposto di un vantaggio immediato.
Sebbene, come evidenziato, i legati trovino normalmente sede nel testamento, v’è da rilevare che esistono alcune ipotesi di cc.dd. legati ex lege. La dottrina è divisa sull’inquadramento di tali fattispecie, vi è infatti chi, seguendo quella che appare la teoria preferibile, ammette l’esistenza di una tale figura giuridica, e chi, al contrario, nega vi possa essere una distinzione tra legati ex lege e legati volontari e qualifica i primi come una successione legittima, seppur a titolo particolare. In riferimento a questo tipo di legati si è soliti distinguere tra ipotesi di legati ex lege tipici, che si aggiungono alla chiamata ereditaria, o sussistono da soli perché ritenuti più idonei a soddisfare gli interessi di alcuni soggetti implicati nella successione (diritti di abitazione e di uso della casa familiare spettanti al coniuge superstite ex art 540 comma 2°, assegno vitalizio spettante al coniuge separato con addebito ex art 585 co.2 e 548 co.2, e, ancora, assegno vitalizio in favore dei figli naturali non riconosciuti ex art. 580 co.1 e 594) e legati ex lege atipici così definiti perchè si discostano dai principi propri delle successioni legittime in quanto costituiscono un ampliamento della categoria dei successibili ex art. 565 e perché perseguono finalità diverse da quella che la successione legittima vuole realizzare (esempi sono l’assegno periodico al coniuge divorziato ex art. 3, l. 1°agosto 1978, n. 463, la successione nel contratto di locazione di immobili urbani ex artt. 6 e 37, l. 27 luglio 1978, n.392 e la successione nei contratti agrari ex art. 49, l. 5 maggio 1982, n. 203).
Quanto invece ai soggetti gravati dal peso del legato, è lo stesso testatore che può individuarli stabilendo se la prestazione debba essere a carico di uno o tutti gli eredi ovvero di uno o più legatari (c.d. sub-legato) e se il peso debba essere ripartito in misura eguale tra gli onerati. Nel silenzio del testatore, il peso del legato grava sugli eredi in proporzione alla rispettiva quota.
La dottrina prevalente ritiene possano essere onerati della prestazione del legato più persone, non solo congiuntamente, ma anche alternativamente con l’indicazione da parte del testatore del criterio che permette di individuare l’effettivo soggetto onerato. Se una tale informazione manca, la scelta del soggetto tenuto alla prestazione spetta al legatario. È esclusa l’ammissibilità di oneri a carico di terze persone. L’onere di adempiere il legato, se riguarda l’erede e questi non ha accettato con beneficio di inventario, impegna l’onerato anche ultra vires; sempre però in proporzione alla quota, se gli onerati sono più di uno. Se, invece, onerato è un legatario, egli è tenuto solo entro i limiti della cosa legata. Generalmente le spese per la prestazione del legato (es. spese dell’atto di acquisto e trascrizione nel caso di legato di immobile di proprietà di un terzo) sono a carico dell’onerato. Tra tali spese non rientrano, però, quelle occorrenti per la ricerca o il recupero della cosa legata e le spese necessarie per la divisione di una cosa che l’onerato aveva in comune con altri, ferma, in quest’ultimo caso, la prova circa la volontà del testatore di assicurare al legatario l’esito dell’operazione divisionale. Il testatore, ad ogni modo, può con apposita clausola porre a carico di soggetti diversi dall’onerato le spese per la prestazione del legato.
L’obbligo di adempiere il legato può venir meno per cause oggettive (ad esempio il perimento della cosa legata che genera l’inefficacia della disposizione), o soggettive (la rinuncia). La revoca del legato invece agisce sull’atto e non sugli effetti, eliminando a monte la disposizione stessa (l’alienazione o trasformazione della cosa ex art. 668 c.c. è infatti ipotesi di revoca tacita).
3. Particolari tipi di legato
Venendo da ultimo ad alcune ipotesi particolari di legato interessante è analizzare, in primis, il c.d. prelegato. Il prelegato è il legato a favore di uno dei coeredi e a carico di tutta l’eredità. La particolarità di questo istituto risiede nel fatto che una stessa persona si trova contemporaneamente a rivestire la qualità di erede-onerato e di legatario-onorato assumendo la duplice qualità di creditore e di debitore nella medesima obbligazione. Il soggetto che cumula in sé le due posizioni può decidere se acquistare il solo legato o accettare solo l’eredità. Con riguardo ai debiti ereditari, il prelegatario risponde dei debiti solo per la quota da lui acquisita a titolo di erede e non per quella a titolo di legato. Il prelegato può avere ad oggetto un bene particolare, esistente nell’asse oppure un risultato economico che dovrà essere ottenuto a cura e spese degli eredi. Un esempio di prelegato ex lege è l’attribuzione in capo al coniuge del diritto di abitazione della casa coniugale e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni, ex art. 540 c.c.
Il prelegato deve essere distinto dall’assegno divisionale semplice con il quale il testatore fa la divisione assegnando uno o più cose alla quota di uno o più coeredi. In quest’ultima ipotesi i beni assegnati vanno calcolati per intero nella quota dell’erede assegnatario, mentre col prelegato si dispone di un bene in aggiunta alla quota ereditaria.
Altra particolarità collegata ai legati riguarda l’ipotesi di sostituzione e di sostituzione fedecommissaria. Le disposizioni sulla sostituzione sono riferite all’erede, ma grazie all’art. 691 sono applicabili anche al legato. Vi sono due forme di sostituzione: quella ordinaria e quella fedecommissaria. Nella sostituzione ordinaria il legislatore permette al testatore di sostituire al proprio erede o legatario una o più persone per l’ipotesi in cui il primo istituito non possa o non voglia accettare. La tesi prevalente in materia ritiene che in tale ipotesi vi siano due delazioni: una immediata, non condizionata che è quella del sostituito e una delazione condizionata, subordinata cioè al fatto che il primo istituito non voglia/possa accettare. Si discute poi su quale sia la validità di un’eventuale accettazione compiuta dal sostituto. La tesi prevalente ritiene che essa non abbia alcuna efficacia, anche se la Cassazione ha più volte ritenuto che tale accettazione possa esser comunque compiuta validamente seppure i suoi effetti siano subordinati al verificarsi della condizione. Si parla, secondo questo orientamento, di un’aspettativa di delazione (aspettativa non giuridica ma di fatto che non permette al sostituito di disporre della sua potenziale posizione).
Quanto ai presupposti applicativi ovverosia all’impossibilità di accettare le ipotesi sono date dalla premorienza, dalla dichiarazione di morte presunta e dall’assenza, mentre le cause legate alla mancanza di volontà sono rappresentate, per il legato, solamente dalla rinuncia. La sostituzione può essere plurima e si ha quando all’unico istituito si sostituiscono più persone o quando a più persone se ne sostituisce una sola oppure parziale nei casi in cui la sostituzione non ha lo stesso oggetto e a favore del primo istituito si ha un lascito diverso rispetto a quello lasciato al sostituito. La sostituzione fedecommissaria, invece, è un’ipotesi di disposizione a termine, e fa obbligo all’erede o al legatario di conservare e restituire i beni alla sua morte. Attualmente, a seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975, è consentita solo nell’unica ipotesi di chiamata di un congiunto interdetto o minorenne infermo di mente, e prevede l’obbligo per l’istituito di conservare e restituire i beni a favore delle persone o enti che ne abbiano avuto cura. Quanto alla ricostruzione dogmatica, si hanno due delazioni: la prima al momento dell’apertura della successione e la seconda che diviene attuale al momento della morte del primo istituito e quindi parte non dal momento della morte del testatore, bensì alla morte dell’istituito. La ratio attuale non è quella di conservare la ricchezza familiare ma quella di incentivare la cura del congiunto per quando il testatore avrà cessato di vivere. Alla morte dell’istituito l’eredità si devolverà al sostituito. È nulla ogni altra ipotesi di fedecommesso de residuo ovvero i casi in cui all’istituito è lasciata facoltà di alienare i beni. Quanto alla situazione dell’istituito che si trova ad avere i beni con una limitazione quanto ai poteri di disposizione, la tesi predominante ritiene gli competa una proprietà anche se sottoposta a condizione.
Da ultimo, uno sguardo deve esser posto sul c.d. legato di cosa altrui. Il legislatore detta la regola della nullità per tale ipotesi, ma al contempo prevede delle eccezioni ritenute valide. La ratio di tale drastica conseguenza deve ritenersi non tanto legata al dogma della relatività (secondo la quale il negozio può avere effetto solo tra i soggetti interessati e non rispetto ai terzi), quanto piuttosto in una presunzione di volontà secondo la quale si ritiene che il testatore non avrebbe disposto tale legato se avesse saputo che il bene non gli apparteneva.
Le eccezioni alla nullità sono molte e tutte si fondano sulla considerazione che in tali casi manca un danno per il terzo e si riesce invece a esaltare la volontà del testatore. Tra le ipotesi delineate dal legislatore vi è il legato di beni che il testatore acquista dopo il testamento. La nullità è qui sanata da una disponibilità sopravvenuta del bene. Altra ipotesi è il legato di cosa dell’onerato o di un terzo. In questo caso può parlarsi di una tipica ipotesi di legato ad effetti reali differiti perché il legatario, all’apertura della successione, non acquista la proprietà del bene bensì il diritto di credito a ottenere il trasferimento della proprietà. Requisito fondamentale di validità di questo legato è la conoscenza da parte del testatore dell’alienità del bene legato. Il legislatore ammette, nel caso in cui la cosa legata sia di un terzo, la facoltà per l’onerato che non vuole adempiere di liberarsi dall’obbligo di recuperare e trasferire il bene al legatario pagando a quest’ultimo il giusto prezzo. Se invece la prestazione diviene impossibile l’obbligazione, essendo facoltativa, si estinguerà, con evidente danno per il legatario.
Nel caso in cui il bene legato sia dell’onerato questi dovrà obbligatoriamente trasferirlo al legatario e in caso di inerzia quest’ultimo potrà costringerlo con una sentenza costitutiva. Nel caso in cui il bene legato sia solo in parte del testatore, il legato (legato di cosa solo in parte del testatore) è valido solo relativamente a tale parte, salvo che risulti la volontà di legare la cosa per intero e la consapevolezza del testatore che il bene non gli apparteneva per intero.
Ulteriore fattispecie prevista dal legislatore è il legato di cosa del legatario. Questo legato è valido se la cosa, già di proprietà del legatario al momento della redazione del testamento, diviene successivamente di proprietà del testatore ovvero dell’onerato o di un terzo. Nel primo caso si avrà legato reale negli altri due legato obbligatorio. Requisito di validità di questo tipo di legato è la presenza nel testamento di una previsione dell’alienazione da parte del legatario del bene legato oltre, ovviamente, alla conoscenza dell’alienità della cosa.
Ultima ipotesi delineata è il legato di cosa acquistata dal legatario. È il caso in cui il bene legato non era del legatario al momento della redazione del testamento, ma lo diviene successivamente per altro titolo prima dell’apertura della successione. Questa fattispecie si divide a sua volta in ulteriori ipotesi di legato, alcune delle quali privano di effetto il legato e segnatamente quelle in cui il bene viene trasferito dal testatore o dall’onerato o dal terzo al legatario a titolo gratuito e quelle in cui il bene viene venduto a titolo oneroso dal testatore al legatario. Solo nel caso in cui l’acquisto da parte del legatario ha avuto luogo dall’onerato o dal terzo a titolo oneroso, il legatario ha diritto al rimborso del prezzo qualora la conoscenza del testatore dell’alienità del bene risulti dal testamento o da altra dichiarazione scritta del testatore.
4. Acquisto, rinuncia e termini
Come già accennato, si sensi dell’art. 649 c.c. il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salvo rinuncia da parte del legatario stesso. In tema di legato si ha dunque coincidenza tra vocazione, delazione e acquisto. E’ però necessario distinguere tra legato reale e legato obbligatorio. Nel primo il diritto si trasmette con la morte del testatore, ma il legatario dovrà domandare all’onerato la consegna del bene per entrare in possesso dell’oggetto del legato. Prima di tale richiesta, infatti, non vi è alcun obbligo di adempimento spontaneo in capo all’onerato con la conseguenza che non può formarsi una mora solvendi a suo carico. Si ritiene necessaria la richiesta di possesso anche quando il legatario è già, ad altro titolo, nel possesso (es. usufruttuario-legatario della piena proprietà) o nella detenzione (es. locazione, comodato, ecc.) perché il possesso che ha il legatario è diverso da quello che ipso iure ha l’erede. Nel caso di legato obbligatorio, invece, il diritto di credito si consegue direttamente all’apertura della successone mentre la realizzazione dell’interesse del legatario si ha solo con l’adempimento da parte dell’onerato.
L’automaticità dell’acquisto comporta l’inutilità dell’accettazione del legato, anche se questa ha il pregio di rendere irrevocabile l’acquisto da parte del legatario. L’accettazione quindi non si ha ai fini dell’acquisto del legato ma ai fini della conferma e dell’irrevocabilità dello stesso. È espressamente previsto che il legatario possa rinunciare al legato: si tratta di dichiarazione unilaterale non recettizia con la quale il legatario dismette il diritto che è stato da lui automaticamente acquisito. Sulla natura giuridica della rinuncia vi sono due tesi: secondo parte della dottrina essa sarebbe un atto di rifiuto eliminativo con il quale si rimette il diritto nella massa ereditaria; non si parla dunque di estinzione del diritto, ma di semplice rifiuto da parte del legatario. Secondo altra dottrina, tradizionale e maggiormente accolta, la rinunzia è un vero atto abdicativo con effetti risolutori dell’acquisto già verificatosi e con efficacia retroattiva. Non è richiesta una forma particolare per la rinuncia, ma coloro (tra questi anche la Cassazione) che sostengono che attraverso la rinuncia il legatario si priva di un diritto già entrato nel patrimonio ritengono applicabile l’art. 1350 n. 5 che richiede la forma scritta per gli atti di rinunzia di diritti reali su beni immobili. Sono nulle le rinunce fatte sotto condizione o sottoposte a termine o ancora le rinunce parziali. Sono invece passibili di impugnazione le rinunce se fatte per effetto di violenza o dolo e rileva anche l’errore ostativo. I termini per la rinuncia decorrono dal momento dell’apertura della successione e una rinuncia fatta prima di tale termine, è da considerarsi nulla per divieto di patti successori. La dottrina maggioritaria ritiene che si possa rinunciare al legato nel termine generale di prescrizione decennale anche se vi è chi non ritiene applicabile tale termine ritenendo che una sua applicazione opererebbe a favore e non contro l’inerzia del titolare. È infine possibile, per chiunque abbia interesse, chiedere all’autorità giudiziaria di fissare un termine entro cui il legatario deve dichiarare se intende o meno rinunciare, e ciò allo scopo di evitare una situazione di incertezza protratta per un tempo indefinito.
5. Modalità di esecuzione
Quanto agli aspetti operativi, l’art. 2648 1°co c.c. dispone la trascrizione dell’acquisto del legato che ha ad oggetto diritti immobiliari. L’ultimo comma di tale articolo precisa che la trascrizione deve essere fatta sulla base di un estratto autentico del testamento. In caso di mancata trascrizione dell’atto vi è l’inefficacia di ulteriori trascrizioni e iscrizioni a carico dell’acquirente mortis causa secondo quanto stabilito dall’art. 2650 il cui scopo è quello di garantire la continuità delle trascrizioni ovvero la completezza dei registri immobiliari. Quanto alla trascrizione della rinuncia al legato immobiliare coloro (tra questi la Cassazione) che sostengono si tratti di un atto di rinunzia ad un diritto già acquisito ritengono applicabile l’art. 2643 n. 5 c.c. secondo cui devono essere resi pubblici gli atti di rinunzia ai diritti immobiliari , mentre chi ravvisa nella rinuncia un mero rifiuto nega sia necessaria la trascrizione.
Per ciò che attiene a quei territori in cui vige il regime tavolare il riferimento normativo si rinviene invece nel Regio Decreto n. 499 del 28 marzo 1929. Nel caso di acquisti con atti tra vivi la necessità dell’intavolazione, quale requisito costitutivo dell’acquisto è espressamente fissata dall’art. 2 del regio decreto. Per gli atti mortis causa l’art. 3 prevede l’intavolazione, ma non per l’acquisto in sé bensì per l’iscrizione dello stesso nel libro fondiario al fine di poter successivamente disporre del diritto. Secondo questo regime, dunque, l’acquisto consegue a favore dell’erede o del legatario indipendentemente dall’iscrizione tavolare, che non avrà pertanto effetto costitutivo della fattispecie. Per procedere all’intavolazione del diritto contro il de cuius l’erede o il legatario deve procurarsi il certificato di eredità o di legato previsto dall’art. 19 R.d., certificato nel quale il Tribunale dovrà fare espressa menzione dei legati (e ciò anche nell’ipotesi di legati ex lege); si tratta di atto di accertamento in sede di volontaria giurisdizione (e in quanto tale costituisce un’eccezione alla regola che richiede normalmente una sentenza). L’ottenimento del certificato non è necessario qualora l’avente diritto abbia già un titolo giudiziale che accerta il diritto stesso in via contenziosa. Il certificato va richiesto al Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, quando questa si apre nei territori ove vige il sistema tavolare mentre nel caso in cui la successione si apra altrove, al tribunale del luogo ove si trova la maggior parte dei beni immobili del defunto. Al ricorso dovrà essere allegato il certificato di morte del testatore e una copia autentica del testamento (o, nel caso di successione legittima, si dovrà dimostrare il rapporto col defunto che costituisce fondamento della pretesa). Si tratta in ogni caso di un accertamento limitato ai soli fini dell’intavolazione, pertanto il certificato potrà sempre essere revocato dal giudice ovvero posto nel nulla da un diverso accertamento effettuato in sede contenziosa.