Österreichisch – Italienisches Komitee des Notariats / Comitato Italo – Austriaco del Notariato

(Codroipo 2003/3) Dr. Vincenzo Cirota

COMITATO ITALO-AUSTRIACO DEL NOTARIATO
ÖSTERREICHISCH-ITALIENISCHES KOMITEE DES NOTARIATES
Dott.a Lucia Peresson
REFERAT ZUM THEMA:

La successione a causa di morte nel diritto italiano
Verlassenschaftsverfahren mortis causa im italienischen Recht

La successione a causa di morte nel diritto italiano

Generalità

Il diritto italiano distingue tra successione mortis causa a titolo universale e a titolo particolare. La prima, c.d. successione a titolo di erede, ha luogo qualora il successore subentri in tutti i rapporti patrimoniali attivi e passivi trasmessi dal de cuius. La successione a titolo universale non opera in modo automatico, ma richiede l’accettazione, atto di volontà della cui forma e dei cui effetti si tratterà in seguito. La successione a titolo particolare (legato), si ha quando un soggetto succede in singoli diritti patrimoniali. Si tratta di un fenomeno eventuale e accidentale che non determina l’unificazione tra il patrimonio del defunto e quello del beneficiario: infatti, quest’ultimo non è tenuto a pagare i debiti ereditari, salva la possibilità per il testatore di porre un onere a carico del legatario (onere cui il legatario è tenuto entro i limiti di valore della cosa legata). Il legatario, inoltre, inizia un nuovo possesso che potrà unire a quello del de cuius (accessione nel possesso). La successione a titolo particolare opera di diritto, nel senso che il legato si consegue automaticamente al momento dell’apertura della successione, salva la facoltà per il legatario di rinunziare al diritto attribuitogli. Divieto di patti successori Nel nostro ordinamento giuridico sono vietate tutte le convenzioni con le quali taluno disponga della propria successione, nonché a ogni altro atto con il quale disponga di diritti che possono spettare su una successione non ancora aperta, ovvero rinunci ai medesimi. I patti successori che possono essere istitutivi (quando con contratto si istituisce l’erede o il legatario o ci si obbliga a farlo con successivo testamento), dispositivi (quando si dispone di diritti che possono spettare su una successione futura) o rinunciativi (se si rinunzia ai medesimi diritti prima dell’apertura della successione) sono quindi nulli.

L’acquisto dell’eredità

L’art.459, codice civile, dispone espressamente che l’eredità si acquista con l’accettazione; pertanto l’effetto immediato della chiamata all’eredità ( rectius delazione) è costituito solo dal diritto di accettare l’eredità. In altri termini il chiamato all’eredità ( rectius delato) non è immediatamente erede, ma soltanto titolare di due situazioni giuridiche costituite dal diritto (potestativo e trasmissibile agli eredi) di accettare l’eredità e dai poteri di amministrazione espressamente previsti dall’art.460, codice civile. Per quanto attiene all’accettazione dell’eredità la legge opera talune distinzioni con riferimento all’incidenza della volontà e alla responsabilità per i debiti ereditari: sotto il primo profilo, l’accettazione può essere espressa o tacita (art. 474, codice civile), sotto il secondo profilo l’accettazione può essere semplice o beneficiata (artt. 484 ss, codice civile). L’accettazione espressa è un negozio giuridico per adesione, il quale cioè presuppone l’esistenza della delazione; è un negozio unilaterale non recettizio, actus legitimus , non tollerando l’apposizione né di termini né di condizioni, formale, necessitando, ai sensi dell’art.475, codice civile, dell’atto pubblico o della scrittura privata.

Infine è un negozio irrevocabile e non può essere parziale. Per quanto attiene all’accettazione tacita dell’eredità, l’opinione nettamente prevalente in dottrina la qualifica come un atto non negoziale: è sufficiente cioè il compimento da parte del delato di un atto che presupponga oggettivamente la sua volontà di accettare e che egli non avrebbe il diritto di compiere se non in qualità di erede. Ipotesi tipiche di accettazione tacita dell’eredità sono: la donazione, la vendita e la alienazione in genere di diritti pervenuti per successione, la rinuncia a tali diritti verso corrispettivo ovvero solo a vantaggio di alcuni chiamati, l’esperimento dell’azione di riduzione, la concessione di ipoteca su beni ereditari; nel mentre non costituiscono atti di accettazione tacita: la presentazione della denuncia di successione, la pubblicazione e la trascrizione di un testamento del de cuis . Infine è importante evidenziare l’esistenza di alcune ipotesi di acquisto dell’eredità per le quali il legislatore prescinde totalmente non solo dalla concreta volontà del chiamato, sebbene anche da un suo comportamento concludente: si tratta delle ipotesi di acquisto ex lege . Il possesso dei beni ereditari da parte del chiamato e l’infruttuoso decorso del termine per il compimento dell’inventario ovvero per la dichiarazione di accettare con beneficio di inventario, fanno acquistare ipso iure la qualità di erede puro e semplice, indipendentemente da una manifestazione di volontà, come effetto di una situazione giuridica obiettivamente considerata (art.485, commi secondo e terzo, codice civile); i delati che hanno sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità, decadono dalla facoltà di rinunziarvi e si considerano eredi puri e semplici, nonostante la loro rinunzia (art.527, codice civile); l’art.586, codice civile, inoltre, stabilisce che l’acquisto da parte dello Stato, in mancanza di altri successibili, opera di diritto, senza bisogno di accettazione ed esclusa la possibilità di rinunzia; infine, gli artt.480 e 481, codice civile, stabiliscono, rispettivamente, i termini di prescrizione e decadenza del diritto di accettare. 

La rinuncia all’eredità

La rinuncia all’eredità è il negozio giuridico con il quale taluno dismette il diritto di accettare l’eredità, senza trasferirlo ad altri. A norma dell’art.520, codice civile, è nulla la cd.rinuncia parziale e cioè relativa solo ad alcuni beni caduti in successione. Comporta accettazione dell’eredità, la rinuncia verso corrispettivo ovvero a favore di alcuni soltanto dei chiamati. Nella pratica talvolta la rinuncia pura semplice viene utilizzata dalle parti simulatamente al posto di una cessione di quote ereditarie o di una divisione, al fine di evitare il costo di tali atti. L’esperienza evidenzia però che molto spesso le parti dimenticano l’esistenza dell’istituto della rappresentazione la quale fa subentrare i discendeti nel luogo e nel grado del loro ascendente nel caso, tra l’altro, di rinuncia di questo all’eredità.

Pubblicità degli acquisti per causa di morte.

Generalità

Limitando per il momento la nostra indagine alla pubblicità immobiliare nel “sistema italiano”, occorre fare riferimento all’art.2648, codice civile, secondo il cui primo comma l’accettazione espressa dell’eredità che importi acquisto di diritti reali immobiliari deve essere trascritta nei pubblici registri. Per quanto attiene invece all’accettazione tacita, il terzo comma del medesimo articolo, prevede che l’erede possa chiederne la trascrizione sulla base dell’atto che importa l’accettazione tacita, qualora esso risulti da un documento che costituisca titolo idoneo per la trascrizione (atto pubblico, scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente). Per quanto attiene alle altre ipotesi acquisitive dell’eredità che non siono riconducibili nè ad accettazione espressa, nè ad accettazione tacita, qui si verifica una lacuna nel sistema pubblicitario italiano; l’unica possibilità, ove il beneficiario non intenda effettuare un’accettazione espressa, potrebbe essere ricorrere all’accertamento giudiziale. L’ultimo comma stabilisce infine che l’acquisto del legato si trascrive sulla base di un estratto autentico del testamento. E’ ora importante esaminare quale sia l’efficacia che il nostro ordinamento riconnette alla trascrizione degli acquisti mortis causa. Vediamo che il legislatore del 1942 opera una rigida distinzione tra le fattispecie comportanti acquisti tra vivi (art. 2643, codice civile) per cui tra eventuali successivi acquirenti per atto tra vivi dal medesimo dante causa, la poziorità è assicurata a colui che abbia trascritto per primo, indipendentemente dal fatto che l’atto sia di data successiva e da ogni indagine sulla buona o mala fede (art.2644, codice civile) e le fattispecie comportanti acquisti a causa di morte (art. 2648, codice civile) per le quali viene in questione, essenzialmente (a prescindere cioè da effetti ulteriori, ma secondari), solo il principio di continuità delle trascrizioni (art.2650, codice civile) e ciò in quanto prevale il diritto successorio sulle esigenze che vengono tutelate dalla pubblicità immobiliare. In effetti la trascrizione degli acquisti mortis causa è assicurata, non già nella fase statica della successione, ad opera dell’erede o legatario, quanto piuttosto nella successiva fase dinamica della circolazione inter vivos dei diritti in tal modo acquistati ad opera degli acquirenti dall’erede o dal legatario. Il principio della continuità delle trascrizioni degli acquisti mortis causa ha peraltro una portata pratica maggiore rispetto a quella della continuità delle trascrizioni degli acquisti inter vivos , in quanto alla trascrizione degli acquisti mortis causa conseguono ulteriori effetti, i quali seppure in teoria secondari, sono molto rilevanti per altri risvolti.

Ruolo del notaio

La trascrizione dell’accettazione espressa, conformemente alla norma generale (art.2671, codice civile), è un obbligo per il notaio che riceve l’atto, quid iuris per quanto attiene alla trascrizione dell’accettazione tacita? Difformemente rispetto a quanto sostiene la dominante dottrina, ritengo che sia compito del notaio, in quanto unico strumento che consente di ottenere tra le parti la pienezza dell’effetto che l’atto tra le stesse mira a conseguire, effettuare la trascrizione dell’atto non solo quale fattispecie dispositiva tra le parti, ma anche quale fattispecie acquisitiva della qualità di erede del dante causa. Trattasi quindi di un obbligo che discende dalla funzione antiprocessuale connessa al ruolo del notaio e non direttamente dal sistema pubblicitario.

Ulteriori effetti della pubblicità degli acquisti a causa di morte.

a) acquisti dall’erede apparente; – a titolo oneroso Prendendo le mosse dal primo comma dell’art.534, codice civile, apprendiamo che l’erede può agire in petizione di eredità anche contro gli aventi causa da chi possiede a titolo di erede o senza titolo. Il secondo comma fa poi salvi i diritti acquistati, per effetto di convenzioni con l’erede apparente, dai terzi i quali provino di aver contrattato in buona fede con la precisazione che detta disciplina non si applica nel caso di beni immobili e di beni mobili iscritti in pubblici registri, se l’acquisto dell’erede apparente e l’acquisto del terzo di buona fede dall’erede apparente non siano stati trascritti prima della trascrizione dell’acquisto da parte dell’erede o del legatario vero o della trascrizione della domanda giudiziale contro l’erede apparente (art.534, terzo comma, codice civile). Quindi tre sono le condizione acciocché il terzo possa far prevalere il suo acquisto: – che abbia acquistato a titolo oneroso; – che provi di aver contrattato in buona fede; – che sia stata effettuata la trascrizione dell’acquisto dell’erede apparente (e cioè la trascrizione dell’accettazione espressa o tacita dell’eredità) e del terzo dall’erede apparente prima della trascrizione dell’acquisto da parte dell’erede o del legatario vero o della trascrizione della domanda giudiziale contro l’erede apparente (art.534, terzo comma, codice civile). – a qualunque titolo Analoga impostazione che serve a ribadire la specifica utilità della trascrizione dell’acquisto a causa di morte la ritroviamo nell’art.2652 n.7, codice civile, a norma del quale se la domanda con la quale si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte è eseguita dopo cinque anni dalla data di trascrizione dell’acquisto, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario. Il fondamento della speciale tutela del terzo, in deroga al principio generale nemo plus iuris transferre potest quam ipse habet, è costituito dall’apparenza della qualità di erede, tipica applicazione del principio dell’ apparentia ius. La rilevanza dell’apparenza consegue alla difficoltà per il terzo dell’accertamento della qualità di erede essendo di fatto praticamente impossibile avere la certezza di un valido titolo mortis causa (è evidente la difficoltà per il terzo di accertare se un testamento sia stato o no revocato da un testamento successivo). La prevalente dottrina, in contrasto con la giurisprudenza, ritiene che la medesima disciplina possa applicarsi in via analogica anche all’acquisto dal legatario apparente.

b) acquisti da beneficiari di donazioni e disposizioni testamentarie riducibili. L’art.563, codice civile, prevede che se i donatari, ovvero gli eredi o legatari, contro i quali è stata pronunciata l’azione di riduzione abbiano alienato a terzi i beni donati o costituenti oggetto della disposizione testamentaria lesiva, il legittimario, premessa l’escussione del donatario, ovvero dell’erede o del legatario, possa chiedere la restituzione degli immobili ai successivi acquirenti, nel modo e nel tempo in cui potrebbe chiederla ai donatari medesimi. Il terzo acquirente, peraltro, può liberarsi dall’obbligo di restituire pagando l’equivalente in denaro. Se però la trascrizione della domanda di riduzione della donazione o della disposizione testamentaria per lesione di legittima è eseguita dopo dieci anni dall’apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda (art.2652 n.8, codice civile). Sono dunque evidenti le difficoltà in cui deve operare il notaio italiano nei contratti traslativi della proprietà o costitutivi di diritti reali di godimento o di garanzia di beni immobili pervenuti: 

a) per successione a causa di morte prima che siano trascorsi dieci anni dall’apertura della successione qualora non sia stata effettuata la trascrizione dell’accettazione, espressa o tacita, dell’eredità. In questi casi il notaio, per tutelare il terzo, deve cercare di convincere l’erede a trascrivere, a sue spese, l’accettazione tacita dell’eredità ed eventualmente consigliare le parti (erede/dante causa in quanto per legge tenuto a garantire e terzo/acquirente) ad adottare altre forme di garanzia a seconda del caso. Le difficoltà e i rischi diminuiscono, come si è visto, con il passare dei cinque anni dall’apertura della successione, in presenza di buona fede del terzo;

b) per donazione sempre prima che siano trascorsi dieci anni dalla morte del donante. Non è facile in questo caso trovare i rimedi adeguati.

DIRITTO TAVOLARE

Abbiamo delineato il sistema successorio vigente, quanto al diritto sostanziale, in tutto il territorio italiano e quanto alla pubblicità nella gran parte d’Italia, vediamo ora come lo stesso si coordini con il diritto tavolare vigente in alcuni territori della Repubblica Italiana (province di Trento, Bolzano, Trieste, Gorizia, nonchè in limitate zone della provincia di Udine (Tarvisio, Pontebba, Cervignano), di Belluno (Cortina d’Ampezzo, Pieve di Livinallongo e Colle Santa Lucia) e di Brescia (Valvestino). Le norme che disciplinano il sistema tavolare italiano sono il Regio Decreto 28 marzo 1929 n.499 e l’annesso “Nuovo testo della legge generale sui libri fondiari” (cd. “legge tavolare”) e, per quanto riguarda il nostro specifico tema, gli artt.3, 7, da 13 a 23 del Regio decreto e gli artt.20 e da 61 a 64 bis della legge tavolare.

Il certificato di eredita’ o di legato.

Se il diritto successorio italiano non subisce deroghe rispetto ai principi sopra delineati in base ai quali l’acquisto dell’eredità avviene sempre a seguito dell’accettazione espressa o tacita dell’erede (mentre per l’acquisto del legato detta accettazione non è necessaria), è comunque necessario individuare quale sia il titolo documentale che consenta all’erede o al legatario l’intavolazione del suo diritto nel libro fondiario. Per gli acquisti extra tavolari per causa di morte il titolo è costituito dal certificato di eredita’ o di legato. Ciò costituisce una eccezione rispetto al principio generale tavolare per cui il titolo “normale” di un acquisto extra tavolare è costituito da una sentenza. La ratio del sistema è peraltro evidente: evitare l’obbligo, per chi ha acquistato per causa di morte, di conseguire un titolo giudiziale in via contenziosa (sentenza), soprattutto quando detto diritto non sia in contestazione.

Il nostro sistema si differenzia su questo punto dal sistema austriaco e infatti, secondo la legge tavolare austriaca, il codice civile generale austriaco e le leggi speciali, vi è un procedimento detto di “ventilazione ereditaria”, o di trattazione dell’eredità d’ufficio, che si conclude con il decreto di aggiudicazione, che è appunto il titolo per l’intavolazione del diritto ereditario. Con il Regio Decreto n.499/1929 è stato dunque introdotto il certificato di eredità e di legato, disciplinato dagli articoli da 13 a 23 del decreto stesso, il cui ottenimento non è necessario qualora l’avente diritto abbia già un titolo giudiziale (sentenza) che abbia accertato il diritto stesso in via contenziosa, idoneo pertanto a costituire la base documentale per l’intavolazione ai sensi degli artt.31 e 33 lett. C), legge tavolare. Il certificato di eredità o di legato è un atto di accertamento, in sede di volontaria giurisdizione (procedimento richiamato dall’art.23 del R.D. del 1929) e non contenziosa, di diritti ereditari e fa presumere, ad ogni effetto, la qualità di erede (apparente) (art. 21 R.D. citato). La certificazione di tali diritti ereditari, pertanto, non acquista l’efficacia di un accertamento in via contenziosa, che sia quindi idoneo ad assumere l’efficacia di cosa giudicata, ma di un accertamento limitato ai soli fini dell’intavolazione e può essere sempre revocato dal giudice che ha emesso il certificato ovvero posto nel nulla da un diverso accertamento effettuato in sede contenziosa. Infatti, quanto alla revoca, l’art.20 del R.D. del 1929, dispone che, se risulti successivamente all’emissione del certificato l’inesistenza totale o parziale del diritto a succedere, il tribunale, in composizione monocratica, dispone con decreto, su ricorso degli interessati o d’ufficio, la revoca del certificato, la quale è comunicata agli interessati e annotata d’ufficio nel libro fondiario.

Procedimento per il rilascio del certificato di eredità o di legato.

Legittimazione
Il certificato può essere richiesto da chiunque vanti diritti ereditari (art.13, Regio Decreto) anche quale legatario (art.22, Regio Decreto), mediante ricorso con sottoscrizione autenticata.

Competenza
Il ricorso va diretto al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione, qualora quest’ultima si sia aperta nei territori ove vige il sistema tavolare (art.13, 1° comma, Regio Decreto), ovvero, se la successione si sia aperta altrove, al tribunale del luogo ove si trova la maggior parte dei beni immobili del defunto esistenti nei territori medesimi (art.13, 2° comma, Regio Decreto). La legittimazione a chiedere il certificato è stata estesa, con la legge 29 ottobre 1974 n.594, anche ai terzi che vi abbiano interesse, ma solo nel caso che il chiamato abbia accettato l’eredità. La novella del 1974 è stata introdotta soprattutto per consentire ai terzi creditori di ottenere l’intavolazione dei diritti ereditari dei loro debitori i quali, non avendo provveduto alla intavolazione stessa, impediscono di fatto la possibilità di aggressione esecutiva dei beni oggetto di tali diritti da parte dei creditori, i quali, prima della novella non potevano avvalersi dell’azione surrogatoria per ottenere l’intavolazione, non ricorrendo, nei casi esaminati, le condizioni fissate dalla legge per detta azione. Qualora il ricorso sia presentato sulla base di un titolo testamentario, il richiedente deve allegare al ricorso il certificato di morte del testatore e una copia autentica del testamento (art.14, 1° comma, Regio Decreto). 

Deve inoltre fornire tutte le indicazioni necessarie a dimostrare il buon fondamento del suo diritto ed indicare, ove possibile, le persone che sarebbero chiamate a succedere per legge in difetto di testamento valido e, in ogni caso, quelle che abbiano diritto ad una quota di riserva (art.14, 2° comma, Regio Decreto). Infine deve dichiarare se sia o meno pendente una lite sul diritto a succedere (art.14, 3° comma, Regio Decreto). Non è chiarissima la ratio della necessaria indicazione dei legittimari in quanto, sino a quando il legittimario pretermesso non abbia vittoriosamente esperito l’azione di riduzione, il giudice dovrà spedire il certificato di eredità a favore dell’erede testamentario, senza tenere conto della quota spettante ai legittimari e quindi anche oltre la misura della disponibile. L’opinione contraria, autorevolmente sostenuta in dottrina dal Mengoni, non è compatibile con il carattere costitutivo dell’azione di riduzione. L’indicazione dei legittimari sembra dunque avere il limitato scopo di consentire al giudice di disporre la loro convocazione e di attuare una informale provocatio ad agendum al fine di pervenire, mediante la menzione della pendenza del giudizio di riduzione eventualmente instaurato, all’annotazione della lite nello stesso libro fondiario.

Qualora invece il certificato sia richiesto in base a un titolo di successione legittima, il richiedente deve allegare al ricorso il certificato di morte della persona della cui successione si tratta e dimostrare il rapporto con il defunto che costituisce il fondamento del suo diritto (art.15, primo comma, Regio Decreto). Deve inoltre fornire le indicazioni necessarie per giudicare se esistono disposizioni testamentarie e se il diritto alla successione legittima sia escluso o limitato dal diritto a succedere di parenti più prossimi (art.15, secondo comma, Regio Decreto). Infine deve dichiarare se sia o meno pendente una lite sul diritto a succedere (art.15, terzo comma, Regio Decreto). Il giudice, nell’istruire il procedimento, ha vasto poteri inquisitori (art.16, Regio Decreto) infatti assume d’ufficio le prove che ritiene opportune; può indicare le lacune ravvisate nel ricorso o nei mezzi di prova proposti dal richiedente; può sentire quest’ultimo, anche sotto forma di giuramento; può ordinare, a spese e cura del richiedente, la pubblicazione di un avviso sui giornali anche esteri con l’invito agli interessati a proporre le loro opposizioni; qualora risulti la pendenza di una lite sul diritto a succedere, o comunque siano note le persone aventi interessi opposti, ne ordina la comparizione per sentirle in contraddittorio con il richiedente. Espletata l’istruttoria, il giudice, valutate le prove secondo il suo libero convincimento (il che significa che non vi sono prove legali), provvede mediante decreto motivato a rilasciare o negare il certificato nel quale deve fare menzione espressa dell’eventuale pendenza di lite, il che significa che il certificato può essere emesso nonostante penda lite in ordine ai diritti ereditari (art.17, Regio Decreto). Per il certificato di legato valgono in linea di massima le già illustrate disposizioni (art.22, Regio Decreto) con l’avvertenza che il richiedente deve allegare al ricorso il certificato di morte del testatore e una copia autentica del testamento in virtù del quale egli vanta il suo diritto. Il giudice, ove possibile, deve sentire gli eredi.

Effetti dell’intavolazione del certificato di eredità e di legato e differenze con il sistema comune

a) acquisti dall’erede apparente; – a titolo oneroso Vediamo ora in cosa si differenzi il diritto tavolare per quanto attiene alla posizione del terzo acquirente di diritti reali immobiliari dall’erede o dal legatario apparente. Abbiamo visto che l’art.21 (Regio Decreto) dispone al primo comma che il certificato di eredità o di legato fa presumere “ad ogni effetto” la qualità di erede nella persona a favore della quale è stato spedito. Il certificato costituisce dunque titolo necessario di legittimazione della qualità di erede o di legatario quando nel patrimonio del de cuius vi siano beni immobili. La presunzione legale della qualità di erede opera iuris tantum (così Cass.14 dicembre 1996 n.11195) ed infatti essa può essere vinta tanto dalla revoca del certificato quanto dal vittorioso esperimento di una azione petitoria. Il secondo comma dell’art.21, Regio Decreto, dispone inoltre che la qualità di erede o di legatario apparente, ai fini del combinato disposto degli artt.534 e 2652 n.7, codice civile, in quanto applicabili, non può essere riconosciuta se non a chi abbia ottenuto la spedizione a proprio favore del certificato di eredità. Dunque la salvezza dei diritti acquistati dai terzi per effetto di convenzioni onerose dall’erede o dal legatario apparente, è subordinata alla circostanza che l’erede o il legatario apparisse legittimato dal certificato di eredità o di legato al momento della stipulazione traslativa e spetta al vero erede o al vero legatario provare la mala fede dell’acquirente (il terzo è protetto con il mezzo tecnico della pubblica fede attribuita al certificato).

La disciplina dettata dall’art.534, codice civile, resta sostanzialmente immutata, pertanto la salvezza dell’acquisto da parte del terzo è subordinata alle condizioni ivi indicate e quindi: – quella del carattere oneroso del negozio traslativo; – la buona fede del terzo la quale è presunta presuppone necessariamente la spedizione del certificato da parte dell’erede o legatario apparente e la sua intavolazione. Concludendo nulla quaestio se l’intavolazione a favore del terzo acquirente a titolo oneroso avvenga a carico dell’erede apparente che, in forza del certificato di eredità, abbia iscritto il proprio acquisto mortis causa nel libro fondiario, fatta eccezione ovviamente per il caso che dal libro fondiario non risultino annotazioni che facciano cadere la buona fede del terzo (annotazione di revoca del certificato di eredità, annotazione della domanda petitoria proposta dall’erede vero). Ed infatti il secondo comma dell’art.64 bis , legge tavolare, prevede che se un’intavolazione concessa in forza di un certificato di eredità o di legato sia impugnata con domanda diretta a contestare il fondamento dell’acquisto risultante da certificato, la cancellazione dell’intavolazione non può essere chiesta nei confronti dei terzi che, a titolo oneroso, abbiano acquistato in buona fede diritti tavolari anteriormente alla annotazione della domanda. Questa norma, inserita con la Legge 594/1974, armonizza il diritto tavolare con l’ordinamento italiano all’art.534, codice civile, richiedendo che l’acquisto del terzo sia a titolo oneroso. L’unica differenza con la corrispondente norma dell’ordinamento generale (art.534, codice civile) è data dalla presunzione iuris tantum che il terzo acquirente sia sempre in buona fede, perché protetto dalla “pubblica fede” che promana dal certificato di eredità, salvo ovviamente che non risultino annotate o la domanda di revoca o quella di petizione proposta dal vero erede. – a qualunque titolo Il richiamo all’rt.2652 n.7, codice civile, che va letto alla luce dell’art.64, legge tavolare, salva inoltre anche gli acquisti a titolo gratuito se l’annotazione della domanda con cui si contesta il fondamento della successione mortis causa risultante dal certificato di eredità, sia eseguita dopo tre anni (e non cinque come nel sistema pubblicitario generale) dall’intavolazione del diritto a titolo particolare. Nel caso dunque di acquisti a titolo non oneroso del terzo in buona fede dall’erede apparente, l’acquisto stesso è salvo decorsi tre anni dall’intavolazione del diritto (art.64, primo comma, legge tavolare).

b) acquisti dal legatario apparente; E’ importante mettere in evidenza come l’art.21 R.D. del 1929, difformemente dall’ordinamento generale, estenda la disciplina anche agli acquisti dal legatario apparente.

Acquisti da beneficiari di donazioni e disposizioni testamentarie riducibili.

Abbiamo visto che nel nostro sistema il legittimario leso, esperita vittoriosamente l’azione di riduzione, può agire anche contro il terzo acquirente, salva la possibilità per quest’ultimo liberarsi dall’obbligo di restituzione pagando l’equivalente in denaro (art.563, ultimo comma, codice civile). Vediamo ora in cosa si differenzi il sistema tavolare. L’art.7 del Regio Decreto 499/1929 dichiara non applicabili le disposizioni incompatibili con il sistema tavolare e cita espressamente gli artt.561 e 563, codice civile, relativi alla restituzione degli immobili conseguente all’azione di riduzione, il primo e l’azione contro gli aventi causa del donatario soggetto a riduzione, il secondo. Si rendono dunque applicabile rispettivamente il primo comma dell’art.64, legge tavolare, il quale fissa in tre anni dall’intavolazione stessa il termine per la proposizione di una domanda diretta a impugnare un’intavolazione anche nei confronti dei terzi subacquirenti in buona fede, e il secondo comma del medesimo art.64, legge tavolare, il quale dispone che se un’intavolazione, concessa in base ad una donazione, sia impugnata con una domanda di riduzione per lesione di legittima, l’acquisto anche non a titolo oneroso del terzo in buona fede dal donatario, sia salvo decorsi tre anni dall’apertura della successione. Da un lato dunque maggiore tutela per il terzo acquirente in quanto c’è una consistente riduzione dei termini addirittura decennali previsti dalle corrispondenti norme dell’ordinamento generale (art.2652, n.8, codice civile), dall’altro affievolimento della tutela generale stante l’inapplicabilità dell’art.563, codice civile, al sistema tavolare, con conseguente esclusione della facoltà per il terzo acquirente dal donatario soggetto a riduzione di pagare l’equivalente in denaro invece di restituire l’immobile. L’argomento è stato ed è tuttora aggetto di discussione e di approfondimento da parte della dottrina. Alcuni autori, in particolare, ritengono addirittura non applicabile, nel sistema tavolare, l’azione di riduzione nei confronti dei terzi acquirenti

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