La riforma francese delle garanzie reali
XXXI. Incontro del Comitato Italo-Austriaco
del Notariato Heiligenblut
il 23 Settembre 2006
Dott.essa. Francesca Fiorentini Ricercatrice presso il Max Planck Institut,
Amburgo Collaboratrice del “Zentrum für Europäische Rechtspolitik” (Centro delle Politiche del Europee del Diritto), Brema
Sommario:
- Il movimento di riforma del Code civil.
- La riforma francese delle garanzie reali tra ambizioni e limiti.
- La struttura tradizionale del modello francese delle garanzie reali.
- I contenuti della riforma.
- Le nuove tassonomie del diritto francese delle garanzie reali.
- Le innovazioni della riforma all’insegna della flessibilità. – (A) Le garanzie mobiliari.
- Il riconoscimento generale del pegno non possessorio.
- Il gage des stocks.
- Le garanzie mobiliari su beni incorporali. – (B) Le garanzie immobiliari.
- L’affievolimento del principio di specialità del credito garantito nell’ipoteca convenzionale.
- L’erosione della portata operativa del principio di accessorietà: l’hypothèque rechargeable.
- Il prestito ipotecario vitalizio.
- L’efficacia delle garanzie reali attraverso l’abolizione del divieto del patto commissorio.
- La riforma francese vis-à-vis l’integrazione giuridica delle garanzie reali.
1. Il movimento di riforma del Code civil.
La recente celebrazione del bicentenario del Code civil è stata l’occasione storica per il verticalizzarsi, in Francia, della riflessione sull’adeguatezza delle regole in esso contenute e sulle possibili prospettive di modernizzazione delle stesse, proprio in relazione ai più cruciali tra gli istituti del diritto dei rapporti patrimoniali. L’anelito di riforma del diritto civile che quest’evento sembra, da solo, aver generato, non può non essere correlato alla (e potrebbe dirsi, in qualche misura, pure ispirato dalla) recente riforma tedesca del diritto delle obbligazioni. Com’è noto la Schuldrechtsmodernisierung del 2001 ha riportato in auge il tema della centralità della codificazione civile come tecnica di disciplina che più di tutte sarebbe in grado di conferire organicità e chiarezza – e dunque anche accessibilità – alle materie oggetto di regolamentazione. Inoltre, la riforma tedesca ha immediatamente collocato il ‘nuovo’ diritto civile tedesco al centro del dibattito internazionale, come modello per un diritto privato europeo che è sempre più in fase di intensa elaborazione, sia esso da immaginarsi come diritto codificato o no. Ecco che, come la Germania, anche la Francia ha dato avvio ad un processo di riforma degli istituti più cruciali del diritto privato patrimoniale. Si tratta di un processo che consiste, in primo luogo, di un’intensa ‘positivizzazione’ di istituti e regole, talvolta bensì preesistenti, ma nelle forme più fluide del diritto giurisprudenziale. In secondo luogo, esso mira a costruire una disciplina organica e coerente, da consolidarsi in modo sistematico all’interno del Code civil, la cui centralità nel sistema del diritto privato nazionale, ed il cui prestigio sullo scenario europeo, dovranno essere in grado almeno di competere, se non di superare, quelli del BGB. Come nel caso tedesco, anche la riforma del diritto civile francese trova, tra le sue principali ragioni, il bisogno di porre ordine e di semplificare le regole e le fonti di reperimento del diritto, in un’epoca in cui i molteplici interventi normativi, nazionali e comunitarii, hanno prodotto bensì innovazioni nelle discipline, ma in modo spesso frammentario e contraddittorio rispetto alle linee-guida scolpite nelle codificazioni. Ciò aiuta a comprendere come il movimento di riforma appena descritto non potesse non coinvolgere anche quello che è indubbiamente uno dei settori più centrali per lo sviluppo dell’economia e per la determinazione del tasso di competitività del sistema francese sul mercato internazionale delle regole: quello delle garanzie del credito.
2. La riforma francese delle garanzie reali tra ambizioni e limiti.
Nel luglio 2003, il Ministero della Giustizia, accogliendo con favore l’iniziativa dell’Association Henri Capitant des amis de la culture juridique française, ha costituito una commissione governativa al fine di progettare una riforma organica delle garanzie del credito, che sfuggisse alla vecchia e dannosa prospettiva delle riforme di settore. La Commissione, presieduta dal prof. M. Grimaldi (Université Panthéon-Assas, Paris II e Presidente dell’Association Henri Capitant), ha presentato il 31 marzo 2005, dopo circa un anno e mezzo di lavoro, il proprio progetto di riforma, che consta di due documenti: un articolato ed un’esposizione dei motivi . La qualità del rapporto Grimaldi ha convinto il governo a dare il via alla riforma per il tramite della tecnica della legislazione per via di ordinanza. La delega parlamentare a tal fine necessaria è stata concessa all’art. 24 della legge n. 2005-842 del 26 luglio 2005 (loi pour la confiance et la modernisation de l’économie). Tuttavia, rispetto all’organicità dell’impianto del progetto Grimaldi, che comprende ampii interventi sul terreno delle garanzie sia personali che reali, la delega parlamentare presenta un contenuto solo parziale, poiché sostanzialmente esclude dal suo raggio d’azione interventi innovativi in materia di garanzie personali. Per questo motivo la recente ordinanza che introduce la riforma, ordonnance del 23 marzo 2006, n. 2006-346 , contiene una legislazione innovatrice soprattutto per il settore delle garanzie reali.
Non solo: anche in riferimento al solo settore delle garanzie reali, occorre notare che, rispetto al progetto Grimaldi, la riforma non risulta davvero organica, e ciò a causa di una serie di limitazioni imposte dalle dinamiche del dibattito parlamentare. Innanzitutto, il Parlamento ha rifiutato l’autorizzazione al governo a legiferare nel cruciale sotto-settore dei privilegi, per il quale la Commissione Grimaldi avrebbe in realtà proposto importanti modifiche dello status quo. Inoltre, gli interventi di riforma autorizzati in riferimento al tema della proprietà-garanzia sono pressoché inesistenti: da un lato, l’istituzione di una Commissione governativa appositamente deputata alla riforma della fiducie ha impedito alla Commissione Grimaldi di occuparsi di questo cruciale istituto; dall’altro lato, in relazione alla riserva di proprietà, la delega al governo prevede che la riforma sia competente solo a trasporre in seno al Code civil le regole ad oggi già esistenti sul punto (législation à droit constant). La Commissione Grimaldi avrebbe previsto, invece, nuove regole, sia in materia di trasferimento di proprietà a scopo di garanzia, sia in materia di riserva di proprietà, ma per il momento queste innovazioni, come detto, non sono state accolte. A dispetto della relativa strettezza del perimetro della riforma, occorre notare subito che il modello francese delle garanzie reali si sta preparando ad una modernizzazione di grande impatto sul preesistente tessuto di regole, idonea a proiettarsi nel contesto internazionale come modello di riforma da seguire per molti altri sistemi giuridici il cui diritto delle garanzie reali sia basato, in qualche misura, sull’eredità francese.
3. La struttura tradizionale del modello francese delle garanzie reali.
Per comprendere contenuti ed impatto della riforma francese delle garanzie reali occorre, in via preliminare, ricordare i tratti salienti dell’attuale disciplina della materia, la quale risiede, da un lato, nell’apparato codicistico, così come disegnato dal Code civil del 1804 e, dall’altro lato, in una congerie di frammentarie riforme introdotte nel corso dell’Novecento da leggi speciali, e per la tutela di interessi particolari, le quali hanno derogato in maniera disorganica alle direttive tracciate dal codice. Come è noto, stiamo parlando di un sistema basato sulle seguenti caratteristiche:
(a) la concezione delle garanzie reali come eccezioni al principio dell’universalità della responsabilità patrimoniale;
(b) la soggezione delle garanzie reali al principio di tipicità, con conseguente marcata limitazione delle possibilità operative dell’autonomia privata;
(c) l’esistenza di una molteplicità di istituti disciplinati dal codice e deputati a svolgere la funzione di garanzia reale del credito, istituti raggruppati, dalla dottrina francese, sotto la categoria di ‘garanzie tradizionali’ (sûretés réelles traditionnelles). Le ‘garanzie tradizionali’ sono tutte accomunate dall’accentuato formalismo della costituzione; dall’essere garanzie accessorie rispetto al credito da garantire; dall’essere informate al principio di specialità quanto al credito garantito e al bene oggetto di garanzia; e dall’essere sottoposte al divieto del patto commissorio. In particolare, si tratta, per i beni mobili, del pegno (gage o nantissement), per la cui validità il codice stabiliva il requisito dello spossessamento del costituente; e, per i soli beni immobili (art. 2119 “les meubles n’ont pas de suite par hypothèque”), dell’ipoteca (hypothèque, art. 2114 c.c.), caratterizzata invece dal fatto di essere una garanzia non possessoria, la cui opponibilità è determinata dalla pubblicità. Il Code civil prevede infatti che per la venuta in essere dell’ipoteca tra le parti sia necessario un atto autentico notarile (art. 2127), e che la pubblicità della garanzia non sia, quindi, di tipo costitutivo, come invece accade in Italia (art. 2808 co. 2 c.c.), ma valga ai (soli) fini di opponibilità ai terzi del diritto. Nel settore immobiliare è poi operativa, come contraltare dell’ipoteca, l’anticresi (antichrèse), definita dal Code come nantissement di bene immobile (art. 2072 c.c.), ossia garanzia immobiliare possessoria.
(d) Il diritto francese delle garanzie reali è poi noto per essere caratterizzato dall’ampia, eccessiva e frammentaria presenza dei privilegi (privilèges), generali e speciali, mobiliari ed immobiliari, ossia diritti di preferenza accordati dalla legge a taluni creditori in ragione della causa del credito. Se praticamente ovunque i crediti delle finanze pubbliche e dei dipendenti sono tutelati dalla legge, i soggetti oggi ‘privilegiati’ in Francia sono troppo numerosi per essere elencati in questa sede. La proliferazione dei privilegi è il segno, nell’esperienza francese come, del resto, in quella italiana, dell’incertezza politica che ha governato le scelte pubbliche in materia di tutela del credito: ogni lobby sufficientemente in grado di far pressione sul Parlamento ha ottenuto in concessione il proprio privilegio. E’ a stento il caso di sottolineare come l’eccesso di privilegi e la difficoltà di individuare con precisione l’ordine di prelazione tra gli stessi indebolisca la posizione dei titolari di garanzie reali convenzionali, rendendo il sistema delle garanzie reali poco efficace e poco attrattivo per gli attori del mercato.
(e) Se è vero che lo schema codicistico delle sûretés réelles traditionnelles appena tracciato non ha mai subito riforme organiche, occorre tuttavia precisare che la necessità di adeguare il diritto scritto alle esigenze del mercato ha avuto un certo impatto sul legislatore. E difatti, l’inadeguatezza del quadro codicistico è di immediata evidenza soprattutto in relazione alle garanzie mobiliari, allorché si consideri che il gage così costruito è idoneo ad essere garanzia solo per i beni mobili corporali, non per quelli incorporali. Inoltre, anche in relazione ai beni mobili corporali, il gage posessorio è una garanzia inadatta alle esigenze dell’impresa, la quale necessita soprattutto di garanzie mobiliari non possessorie, ad esempio, sulle riserve di magazzino, oppure sui macchinarii necessarii all’esercizio dell’attività d’impresa. Ecco, allora, che leggi speciali sono state necessarie per creare sempre nuove ipotesi di garanzie mobiliari non possessorie, sulla cui natura giuridica (di pegni non possessorii, o di ipoteche mobiliari) non vi era uniformità in dottrina. Si tratta soprattutto, per le garanzie mobiliari su beni corporali, delle seguenti figure: – Il gage commercial, introdotto con legge 23 maggio 1863, che ha inserito nel codice di commercio tre disposizioni (ex artt. 91-93 c. com., ora artt. L521-1 – L521-3 c.com. nouveau) destinate a regolare un pegno commerciale la cui disciplina si rifà a quella di diritto comune, ma è semplificata in relazione a certi profili: il pegno commerciale è quello che nasce da un atto di commercio, la cui costituzione può essere dispensata dell’atto scritto solo quando entrambe le parti sono imprenditori (art. L110-3 c.com.); è inoltre un pegno per il quale è prevista una tecnica semplificata di realizzazione, che tuttavia non prescinde completamente dal controllo del tribunale. – Gages spéciaux (warrants): si tratta di una serie di pegni non possessorii, a favore dell’albergatore, dell’agricoltore, del petroliere, dell’industriale, ecc. Essi si costituiscono con atto scritto e richiedono una registrazione per l’opponibilità ai terzi. – Il nantissement de l’outillage et du matériel d’équipment, introdotto nel 1951 per facilitare il rinnovo delle attrezzature, si costituisce per iscritto e mediante iscrizione al tribunale di commercio. – Il gage automobile, da costituirsi mediante uno scritto registrato, richiede, ai fini di opponibilità, una registrazione presso la prefettura. Quanto alle garanzie sui beni incorporali, basti menzionare: il nantissement de fonds de commerce (l. 17 marzo 1909, esteso sui fondi artigianali dalla legge 5 luglio 1996); il nantissement de films cinématographiques (l. 22 febbraio 1944); il nantissement du droit d’exploitation des logiciels (l. 10 maggio 1994). Per i crediti: il nantissement de créances professionnelles (l. 2 gennaio 1981, loi Dailly, modificata dalla legge ‘bancaria’ del 24 gennaio 1984); il nantissement de parts sociales (l. 4 gennaio 1978); il nantissement de valeurs mobilières (legge 3 gennaio 1983; l’istituto è stato modificato ed esteso all’insieme degli strumenti finanziarii presenti su un conto – compte d’instruments financiers – dalla legge 2 luglio 1996, ora regolato agli artt. L431-4 – L431-6 del Code monétaire et financier e dal decreto n. 97506 del 21 maggio 1997);il nantissement de police d’assurance (art. L132-10 del Code des assurances). Ricordiamo poi che la giurisprudenza ha riconosciuto la validità del gage sur sommes d’argento gage-espèces, ossia del pegno su somme di denaro, per il quale gli interpreti, se possono discutere sulla configurazione giuridica della figura, sono unanimi sul punto della non applicabilità del divieto di patto commissorio, secondo una traiettoria parallela a quella delle vicende del nostro pegno irregolare (art. 1851 c.c.).
(f) Accanto ai pegni e all’ipoteca, il diritto francese delle garanzie reali riconosce l’operatività del cautionnement réel (una sorta di ‘fideiussione reale’) che consiste in una particolare figura la quale può assumere le forme di un pegno o di un’ipoteca. Esso si produce in presenza di una fideiussione rafforzata da una garanzia reale; oppure in caso di garanzia reale prestata dal terzo non debitore.
(g) Inoltre, il diritto di ritenzione (droit de rétention), ossia il diritto di un soggetto, creditore di un’obbligazione di pagamento e debitore di un’obbligazione di restituzione, di ritenere la cosa oggetto del diritto sino al completo pagamento del proprio credito, è disciplinato dal codice in certe sue applicazioni. La giurisprudenza ne ha ricavato un principio generale e lo qualifica come diritto reale opponibile erga omnes, ma non come garanzia reale.
(h) A fianco delle cc.dd. garanzie tradizionali, il sistema francese ha visto il ri-emergere dell’antico utilizzo della proprietà in funzione di garanzia, risalente al diritto romano o comunque all’età primitiva di ogni sistema giuridico. La propriété-sûreté opera in Francia soprattutto attraverso le figure della riserva di proprietà, sino ad oggi oggetto solo di scarna disciplina nel Code de commerce; della cessione dei crediti commerciali a scopo di garanzia, oggetto di speciale ammissione per legge; del crédit bail o lease-back.
4. I contenuti della riforma.
Quella appena schizzata è l’immagine di un sistema complesso, caratterizzato da un alto tasso di diversità degli istituti rilevanti e di frammentazione delle regole di riferimento. Su questo sistema mira ad intervenire la riforma francese come prima opera di revisione organica e sistematica della materia, dopo l’entrata in vigore del Code civil. Essa intende semplificare il diritto delle garanzie reali, costituendo un apparato omogeneo di regole certe e facilmente conoscibili da parte di tutti gli utenti del diritto. Il fine ultimo è quello di massimizzare l’efficacia delle tecniche di tutela del credito, senza per questo abbandonare il tradizionale approccio francese e, più in generale, latino, volto a promuovere la tutela del debitore. Lo stile francese vuole un Code civil che sia lo specchio di un ordine sociale: res publica, e non res mercatoria. Prima di entrare nel dettaglio dei contenuti della riforma, è bene evidenziare subito che essi si prestano ad essere letti attraverso la seguente scansione:
(a) un rinnovamento delle tassonomie al fine di conferire ordine ad una materia tanto complessa;
(b) l’introduzione di una serie di innovazioni sia nel settore mobiliare che immobiliare, al fine di conferire flessibilità ed efficacia al regime delle garanzie.
5. Le nuove tassonomie del diritto francese delle garanzie reali.
Sulla linea generale tracciata dal progetto Grimaldi, l’ordinanza governativa n. 2006-346 porta l’istituzione di un nuovo Libro IV del Code civil dedicato al diritto delle garanzie (Des sûretés), il quale si trova attualmente disciplinato in modo non unitario nel Libro III (Des différentes manières dont on acquiert la propriété). Il nuovo Libro IV sulle garanzie è diviso in due Titoli, secondo la tradizionale partizione tassonomica della materia: Des sûretés personnelles (Titre I) e Des sûretés réelles (Titre 2). Questo secondo titolo consta, a sua volta, di tre sottotitoli, il primo dedicato alle disposizioni generali, il secondo alle garanzie sui beni mobili, l’altro a quelle sui beni immobili (art. 8, ordonnance n. 2006-346). Sin dalla prima osservazione dell’ossatura della materia è evidente la rottura con l’assetto tradizionale del Code civil, il quale ordina le garanzie reali a seconda dell’opposizione relativa alla presenza/assenza dello spossessamento del costituente. Il sottotitolo relativo alle garanzie mobiliari disciplina, in quattro capitoli, quattro categorie di garanzie: i privilegi mobiliari, generali e speciali; il gage (come pegno di bene corporale); il nantissement (come pegno di bene immateriale); la proprietà-garanzia, nelle due varianti della proprietà ceduta a titolo di garanzia o proprietà-fiducie (solitamente operativa come cessione dei crediti a scopo di garanzia), e della proprietà riservata a titolo di garanzia (usualmente operativa nel campo dei mobili corporali).
Il terzo sottotitolo, deputato a regolare le garanzie immobiliari, distingue invece tre categorie di figure: i privilegi immobiliari; l’anticresi; l’ipoteca. L’ordinanza non prevede una disciplina della proprietà-garanzia immobiliare, perché essa non è diffusa nella pratica per via dei costi fiscali imposti dal doppio trasferimento; tuttavia ne riconosce la validità in via generale, lasciando libero il mercato di esplorare nuove possibilità (nuovo art 2373 co 2). Se questo è lo scheletro essenziale della nuova disciplina delle garanzie reali, vi sono, peraltro, taluni ulteriori profili che meritano di essere segnalati, prima di passare in rassegna gli snodi più rilevanti della riforma.
(a) Il Libro Delle Garanzie si apre con la statuizione dei principii generali della materia, comuni a tutte le garanzie, personali o reali. L’ordinanza conferma la tradizionale costruzione del sistema della responsabilità patrimoniale sulle grandi direttrici dell’universalità della responsabilità e della par condicio creditorum, salva l’esistenza di cause legittime di prelazione (nuovi artt. 2284 e 2285, che corrispondono ai tradizionali artt. 2092 e 2093 c.c.). L’ordinanza, tuttavia, non accoglie la proposta del progetto Grimaldi volta ad introdurre nelle disposizioni generali la statuizione di due altri principii, assai significativi per la materia che ci occupa, quali quelli secondo i quali la garanzia non può essere una fonte d’arricchimento per il creditore (art. 2287 co. 2 dell’avant-projet de texte); ed è un accessorio del credito che garantisce, nel senso che essa segue il credito garantito in caso di cessione (art. 2289 dell’avant-projet de texte). (b) Il Code civil riformato è destinato a tracciare le direttrici essenziali del diritto delle garanzie reali, mentre la disciplina di dettaglio per figure particolari di garanzie è destinata a restare oggetto di regole specifiche, contenute nelle leggi speciali già esistenti, in particolare nel code de commerce.
(c) L’ordinamento tassonomico della materia non poteva non coinvolgere le garanzie mobiliari in modo particolare. In questo settore la riforma non sceglie di seguire il modello nord-americano della creazione di un istituto unitario (security interest, art. 9 U.C.C.) non possessorio e sottoposto a pubblicità per l’opponibilità della prelazione nei confronti dei terzi, ma distingue le garanzie mobiliari in due tipi, il gage, (che sarà d’ora in avanti esclusivamente la garanzia) per i beni mobili corporali, ed il nantissement (che sarà d’ora in avanti esclusivamente la garanzia) per i beni mobili immateriali.
6. Le innovazioni della riforma all’insegna della flessibilità.
La riforma francese appare subito permeata dalla consapevolezza che l’efficacia delle garanzie reali è in grande misura determinata dal convergere, nel regime giuridico che ne governa le vicende essenziali, di due caratteri essenziali: la semplicità dei formalismi e l’elasticità delle regole. In particolare, la flessibilità delle regole deve consentire alle tecniche di garanzia del credito di soddisfare i bisogni del mercato evitando costi e tempi che, non essendo necessarii ai fini della tutela degli interessi dei terzi, finiscono con lo scoraggiare il ricorso a queste figure e sono pertanto responsabili della fuga del mercato verso altre tecniche di tutela del credito, spesso più costose e difficili da ottenere, come le garanzie personali. E’ dunque su questa linea che le direttrici fondamentali lungo le quali si sondano gli interventi innovativi, sia nel settore delle garanzie mobiliari che immobiliari, sono riassumibili in tre grandi divorzi:
(a) quello dall’esigenza dello spossessamento del costituente per la nascita della garanzia mobiliare;
(b) quello di un’accezione rigida del principio di accessorietà della garanzia;
(c) quello dell’accezione rigida del principio di specialità. Si tratta ora di scendere più in dettaglio sulle singole innovazioni, che per chiarezza espositiva presenteremo partitamene in riferimento alle garanzie mobiliari ed immobiliari, non senza aver prima ricordato come, allargando il perimetro dell’osservazione dei fenomeni, queste direttrici caratterizzino ormai da tempo le tendenze evolutive più moderne nel settore delle garanzie reali del credito nei principali Paesi occidentali. (A) Le garanzie mobiliari
7. Il riconoscimento generale del pegno non possessorio.
Si è già indicato come, per porre fine alla discrasia esistente tra, su di un versante, un codice civile improntato alla regola secondo cui la validità del gage presuppone necessariamente la perdita del possesso del costituente e, dall’altro, l’esistenza di una serie di garanzie mobiliari speciali non possessorie, la cui operatività pratica, di fatto, erodeva la regola generale, la riforma sceglie di riconoscere in via generale la validità del pegno non possessorio, senza tuttavia rinunciare alla figura del classico pegno manuale. Ammesso in linea di principio un pegno non possessorio, il contratto di pegno cessa di essere un contratto reale quanto ai modi della sua costituzione. Esso diviene un contratto consensuale (nuovo art. 2333 c.c.), la cui validità richiederà la redazione di “uno scritto contenente l’indicazione del o dei crediti garantiti, oltre che della specie, natura e quantità dei beni costituiti in pegno” (nuovo art. 2336 c.c.). Pertanto, l’unico requisito di validità della costituzione del pegno sarà quello appena indicato, mentre il ‘trasferimento’ del possesso, o la registrazione del pegno, saranno mere condizioni di opponibilità, rispettivamente della garanzia possessoria e di quella non possessoria.
La pubblicità realizzata dalla registrazione del pegno non possessorio sarà necessariamente una pubblicità personale, riferita cioè al nome del costituente (nuovo art. 2337 co. 1 c.c.), non essendo possibile una pubblicità di tipo reale su beni mobili corporali che non siano soggetti a regimi di immatricolazione. La riforma dirime i conflitti tra i creditori titolari di garanzie non possessorie e i terzi prevedendo che, dopo la registrazione del gage, gli aventi causa a titolo particolare dal costituente non potranno più usufruire della nota regola fissata dell’art. 2279 c.c., secondo la quale ‘in fatto di mobili, possesso vale titolo’ (nuovo art. 2337 co. 3 c.c.). I conflitti tra più creditori pignoratizi successivi saranno invece regolati dall’ordine della registrazione (nuovo art. 2340 co. 1 c.c.) e, in caso di conflitto tra un creditore pignoratizio titolare di pegno senza spossessamento ed uno titolare di pegno con spossessamento sul medesimo bene, il diritto del primo creditore sarà opponibile al secondo nonostante il diritto di ritenzione di quest’ultimo (nuovo art. 2340 co. 3 c.c.). La riforma interviene anche sul campo dell’oggetto del gage. In proposito si può ricordare come, tra i principali fattori di rigidità del diritto francese delle garanzie reali, si annoveri un tradizionale, saldo ancoramento dello stesso al principio di specialità, sia in relazione all’oggetto della garanzia, che in rapporto ai crediti garantiti.
La riforma non intende abbandonare quella che è una direttrice primaria in materia di garanzie reali, soprattutto nella sua veste essenziale di regola che impone l’identificabilità dell’oggetto della garanzia e dei crediti da essa ‘coperti’, a tutela sia degli interessi del debitore che dei terzi. Piuttosto, l’intento dell’intervento legislativo sarà quello di rendere pacificamente ammissibili, in via generale, anche in diritto francese – come già avviene in altri sistemi giuridici – l’utilizzazione di beni anche futuri, a garanzia di crediti anche futuri. Difatti, lo stato attuale del diritto positivo francese non consente l’utilizzo di beni futuri a garanzia di un credito, per la necessità dello spossessamento in materia di pegno (gage e nantissement). Il nuovo art. 2333 co. 1 c.c. sancisce allora che il gage può essere costituito su di un insieme di beni mobili corporali, attuali o futuri, sempre che i beni siano determinabili, consentendo così il pegno su stock rinnovabili, ovvero, in altri termini, una sorta di pegno rotativo. Il nuovo art. 2342 c.c. stabilisce poi che “qualora la convenzione lo permetta, il detentore può alienare il bene oggetto di pegno. In questo caso, egli è tenuto a rimpiazzarlo con un bene equivalente e i diritti del creditore pignoratizio si eserciteranno sui beni sostituiti”. Infine, la riforma codifica l’istituto – sino ad oggi sostenuto solo dai formanti interpretativi – del gage-espèces (v. supra, n. 3,
d):il nuovo art. 2341 co. 1 c.c. stabilisce che “qualora il pegno abbia ad oggetto beni fungibili, il creditore deve tenerli separati dai beni della medesima natura a lui appartenenti”, ma il co. 2 della medesima norma aggiunge che “se la convenzione dispensa il creditore da quest’obbligo” (e questo è quanto avviene sempre nella prassi in materia di gage-espèces) “costui acquista la proprietà dei beni costituiti in pegno ed è gravato dell’obbligo di restituirne la medesima quantità e qualità”.
8. Il gage des stocks.
L’art. 44 dell’ordinanza n. 2006-346 ha introdotto, all’interno del titolo II (Des garanties) del libro V (Des effets de commerce et des garanties) del code de commerce, un capitolo VII dedicato al gage di stock rinnovabili (artt. L527-1 – L527-11). Se il progetto Grimaldi, nel prevedere la possibilità di costituire pegno non possessorio su un insieme di beni mobili corporali, attuali o futuri, mirava espressamente ad aprire il varco ad una versione nazionale dell’enterprise mortgage, occorre tuttavia notare che di una disciplina di dettaglio per un tale istituto non si trova traccia nei lavori della Commissione di riforma; in questo riguardo, il contenuto dell’ordinanza è sicuramente innovativo. Quanto all’ambito soggettivo di operatività della nuova garanzia, l’art. L527-1, co. 1 c.com. stabilisce che “i finanziamenti concessi da istituti di credito a persone giuridiche di diritto privato o a persone fisiche nell’esercizio della propria attività professionale possono essere garantiti da un pegno non possessorio sulle scorte di magazzino detenute da tale soggetto”. La nuova disciplina appresta una serie di cautele quanto ai modi di costituzione e di realizzazione della garanzia, così come con riferimento agli obblighi delle parti, cautele che mirano ad evitare i pericoli insiti in un istituto potenzialmente tanto incisivo sul patrimonio del debitore e sull’equilibrio dei rapporti tra i creditori del debitore.
Così, secondo la nuova disciplina, il gage des stocks si costituisce per atto scritto nel quale, a pena di nullità, devono essere indicati i seguenti dati: la denominazione dell’atto quale “acte de gage des stocks”; l’indicazione delle parti, la menzione della sottoposizione dell’atto alla disciplina del code de commerce (artt. L527-1 – L527-11); il nome dell’assicuratore che assicura i beni oggetto di garanzia contro l’incendio ed il perimento; l’indicazione del credito garantito; una descrizione che consenta di identificare i beni presenti o futuri oggetto di garanzia, in relazione alla loro natura, qualità, quantità e valore, così come l’indicazione del luogo in cui essi sono conservati; la durata della garanzia (art. L527-1, co. 2). L’atto costitutivo del pegno può nominare un depositario dei beni oggetto di garanzia (art. L527-1, co. 4). Ad esclusione dei beni sottoposti a clausola di riserva di proprietà, possono essere costituiti in gage des stocks le scorte di materie prime e degli approvvigionamenti, i prodotti intermedii, residuali e finiti, così come le merci appartenenti al debitore, secondo la stima in natura ed in valore risultante dall’ultimo inventario (art. L527-3). Il gage des stocks non produce effetto che dal momento dell’iscrizione in un registro pubblico tenuto dalla cancelleria del tribunale nella circoscrizione del quale il debitore ha la sua sede o domicilio. Tale iscrizione deve essere presa, a pena di nullità della garanzia, entro quindici giorni dal perfezionamento dell’atto costitutivo del gage; essa determinerà il grado della garanzia (art. L527-4).
Il rango del creditore pignoratizio munito di gage des stocks prevale, oltre che sui creditori chirografarii, anche su quelli muniti di privilegio generale mobiliare. Tra i creditori iscritti, il rango è determinato dalla data dell’iscrizione. L’operatività della surrogazione reale dell’oggetto della garanzia è stabilita espressamente dall’art. L527-5, co. 2 secondo il quale “la prelazione del creditore pignoratizio si estende dagli stock alienati a quelli che sono il risultato della loro sostituzione”. Il debitore è tenuto a formare, nell’interesse del creditore, uno stato dei beni oggetto di garanzia e della compatibilità di tutte le operazioni che li concernono; egli si impegna altresì a non diminuire il valore dei beni per fatto proprio. Qualora dallo stato dei beni oggetto di garanzia emerga una diminuzione di valore del 20%, il creditore può ingiungere al debitore sia di ripristinare il valore della garanzia, sia di rimborsare una parte del credito proporzionale rispetto alla diminuzione prodottasi. Nel caso in cui il debitore non adempia questi obblighi, egli decade dal beneficio del termine (art. L527-7). Il rispetto del principio di proporzionalità tra credito e garanzia, che assurgeva a principio generale nel progetto Grimaldi, laddove esso prevedeva la regola generale del divieto di arricchimento (retro, n. 5), emerge, in questo settore specifico, nella regola che consente alle parti di convenire una clausola di adeguamento della garanzia al mutamento del valore del credito, nel caso in cui il creditore riceva parziale rimborso del credito (art. L527-8).
In caso di inadempimento, il creditore può realizzare il gage secondo le regole degli artt. 2346 e 2347 c.c., ossia può far ordinare presso il tribunale la vendita dei beni oggetto di garanzia, oppure potrà richiedere che i beni gli siano assegnati in pagamento, salva la restituzione al debitore della differenza, se esistente, tra il valore della garanzia e l’importo del credito (art. L527-10). L’art. L527-2 impone che sia considerata come non scritta ogni clausola dell’atto costitutivo della garanzia volta prevedere che il creditore diventi proprietario dei beni oggetto di garanzia, in caso di inadempimento del debitore alla scadenza dell’obbligazione. Come vedremo oltre (n. 7), il legislatore della riforma ha ritenuto – seppur con alcuni limiti e correttivi – di poter superare il divieto del patto commissorio nel settore delle garanzie mobiliari ed immobiliari, ma non ha creduto opportuno estendere questa scelta al gage des stocks.
9. Le garanzie mobiliari su beni incorporali.
La sottosezione 2, del capitolo II, del sottotitolo II, del titolo dedicato alle garanzie mobiliari tratterà del nantissement, definito ora precisamente come vincolo di garanzia su un bene mobile incorporale, o un insieme di beni mobili incorporali, attuali o futuri (nuovo art. 2355, co. 1 c.c.), la cui opponibilità, come vedremo, non dipende dall’iscrizione in un apposito registro come è previsto invece per il gage non possessorio. Occorre segnalare subito che il progetto Grimaldi prevedeva una disciplina del pegno su beni immateriali assai più organica ed innovativa rispetto a quella che è ora confluita nell’ordinanza n. 2006-346, disciplina tripartita, nell’avant-projet de texte, in tre sottotipi: il pegno di crediti (nantissement de créances); il pegno di moneta scritturale (nantissement de monnaie scripturale) ed il pegno di strumenti finanziarii (nantissement d’instruments financiers). L’ordinanza di riforma essenzialmente accoglie la disciplina del pegno di crediti proposta dal progetto Grimaldi e si limita a rinviare alle leggi speciali per la regolamentazione del pegno su altri beni mobili immateriali (nuovo art. 2355, co. 5): l’ipotesi principale è quella del pegno sul conto di strumenti finanziarii disciplinato dal code monétaire et financier. Per quanto concerne il pegno di crediti, il codice sino ad oggi non conosceva che un paio di norme: l’art. 2075 c.c., che imponeva per la valida costituzione del pegno di crediti la notificazione (signification) dell’atto costitutivo al debitore del credito costituito in garanzia o l’accettazione di costui mediante atto autentico; e l’art. 2081 c.c., che dirime la questione dell’imputazione degli interessi prodotti dal credito dato in garanzia.
La commissione di riforma, come pure l’ordinanza n. 2006-346 (in questo, sulla scia della prima) hanno adottato soluzioni sviluppatesi nella giurisprudenza ed invalse nella prassi, per conferire loro il suggello dell’approvazione testuale. In particolare, la riforma risponde alle esigenze di snellimento delle formalità connesse alla costituzione della garanzia. Qui, anche se la necessaria redazione di un atto scritto contenente elementi sufficienti a individuare i crediti garantiti e quelli oggetto di garanzia sarà mantenuta, non si richiederà più che lo scritto sia autenticato o registrato, e la garanzia prenderà effetto tra le parti e nei confronti dei terzi (eccetto il debitore del credito concesso in garanzia) alla data del compimento dell’atto scritto (nuovi artt. 2356, co. 1, 2361 c.c.). La nuova disciplina sopprime, inoltre, l’esigenza della remissione del titolo del credito garantito, che non era mai stata rispettata nella prassi e, soprattutto, elimina il requisito della notificazione del pegno di crediti come requisito di validità (signification), per commutarlo in una semplice comunicazione scritta al debitore del credito concesso in garanzia, con effetto di mera opponibilità, a costui, della garanzia medesima, e quindi con l’effetto, rispettivamente, di impedire al costituente di ricevere validamente il pagamento del credito oggetto di garanzia, e di consentire al debitore del credito oggetto di garanzia di liberarsi validamente adempiendo direttamente nelle mani del creditore (nuovo art. 2362 c.c.). La soluzione è nuova perché sino ad oggi, per ottenere il medesimo effetto, era necessario ricorrere ad un mandato all’incasso conferito dal costituente al creditore pignoratizio ed il mandato soffre di una fragilità, in caso di fallimento del costituente, che al pegno di crediti non è conosciuta. Inoltre, quanto all’oggetto del pegno di crediti la riforma innova consentendo il pegno su crediti futuri, possibilità che sotto il codice vigente è ostacolata dal requisito dello spossessamento del costituente la garanzia. Per credito futuro occorre intendere il credito non ancora sorto perché l’atto dal quale esso dovrà derivare non è ancora venuto ad esistenza.
Pertanto, un nantissement di un credito al pagamento del canone di una locazione non è credito futuro, essendo il contratto-base dal quale il credito deriva già in essere. Al contrario, sarà credito futuro quello al pagamento del prezzo di una vendita futura. Ciò consentirà di costituire in garanzia flussi di crediti e sarà possibile ottenere un credito garantito dal fatturato futuro di un’impresa. Il pegno di crediti futuri sarà opponibile ai terzi dalla data della sua costituzione, anche se il creditore non potrà acquisire un diritto sul credito futuro, se non dal momento della sua venuta ad esistenza (nuovo art. 2357 c.c.). La riforma semplifica pure le modalità di realizzazione della garanzia, riconoscendo al creditore il diritto di ricevere direttamente il pagamento del credito oggetto di garanzia: il nuovo art. 2363 co. 1. c.c. stabilisce che “dopo la notificazione [scil., la comunicazione al debitore del credito costituito in garanzia], solo il creditore pignoratizio riceve validamente il pagamento del credito oggetto di garanzia, tanto per il capitale che per gli interessi”. (B) Le garanzie immobiliari
10. L’affievolimento del principio di specialità del credito garantito nell’ipoteca convenzionale.
Gli interventi più significativi della riforma nel settore delle garanzie immobiliari si assestano in capo al regime dell’ipoteca convenzionale. In primo luogo, la riforma prende posizione sulla possibilità di costituire ipoteca a garanzia di un credito futuro: la giurisprudenza francese ha sempre considerato che la legge non impedisse di garantire un credito futuro, qualora esso fosse sufficientemente determinabile nel suo ammontare, e venisse in essere tra i medesimi soggetti (es. la banca ed il suo cliente). Così, secondo la giurisprudenza era possibile costituire un’ipoteca a garanzia di un credito futuro di cui sia indicato l’ammontare massimo garantito richiesto dall’attuale art. 2132 c.c. Le nuove regole consacrano l’evoluzione giurisprudenziale, ammettendo espressamente che un’ipoteca possa garantire crediti attuali o futuri che siano determinabili, la causa dei quali sia indicata nell’atto costitutivo (nuovo art. 2421 c.c.); e che l’ipoteca è costituita per una somma determinata, da indicarsi nell’atto costitutivo a pena di nullità (nuovo art. 2423 c.c.); la riforma non si spinge, tuttavia, sino ad ammettere un’ipoteca omnibus, a garanzia cioè di ogni credito futuro che possa insorgere tra debitore e creditore.
Inoltre, qualora l’ipoteca a garanzia di crediti futuri sia concessa per un periodo indeterminato, essa potrà essere ‘limitata’ unilateralmente dal costituente (il progetto parla in realtà di résiliation dell’ipoteca), rispettando un obbligo di preavviso di tre mesi; una volta effettuata la résiliation, l’ipoteca non sarà valida che a garanzia dei crediti sorti anteriormente (nuovo art. 2423, co. 3 c.c.). La nuova disciplina consacra la prassi della purgazione convenzionale delle ipoteche (purge amiable, detta anche mainlevée, nuovo art. 2475 c.c.), ormai usuale negli ambienti notarili. Essa si realizza quando, al presentarsi di un’occasione per la vendita dell’immobile ipotecato, i creditori ipotecarii ed il debitore convengano che le loro prelazioni si eserciteranno sul prezzo ricavato dalla vendita. Nei limiti necessarii a soddisfare i creditori ipotecarii (e a pagare le spese di cancellazione del vincolo), il credito al pagamento del prezzo della vendita, che viene versato dall’acquirente nelle mani del notaio, sarà indisponibile, cioè non aggredibile da parte dei cessionarii o dei creditori che esercitino l’esecuzione su di esso. Una volta ottenuto dai creditori il denaro dal prezzo dell’alienazione dell’immobile, detto immobile sarà liberato dal diritto di seguito connesso all’ipoteca.
11. L’erosione della portata operativa del principio di accessorietà: l’hypothèque rechargeable.
L’introduzione dell’hypothèque rechargeable è senz’altro tra le innovazioni più significative della riforma Grimaldi. L’ipoteca ‘ricaricabile’ è un istituto che può essere utilizzato più volte dal costituente, a garanzia di diversi crediti rispetto a quello originario, nei confronti del medesimo creditore, oppure a garanzia di creditori successivi, diversi dal primo. Il vantaggio dal punto di vista degli interessi del costituente è evidente, poiché costui è dispensato dall’onere di cancellare la vecchia ipoteca, costituita a garanzia del credito originario, per crearne una nuova, a garanzia di creditori successivi. Il creditore garantito da questo tipo di ipoteca, da parte sua, ha il beneficio di godere del grado ipotecario originario, potendo così prevalere su tutti i creditori che avessero iscritto garanzia sul medesimo bene dopo la costituzione dell’ipoteca ‘ricaricabile’, ma prima della ‘ricarica’, ovvero del suo ri-utilizzo. Secondo la disciplina racchiusa nel nuovo art. 2422 co. 1 c.c. “l’ipoteca può essere ulteriormente utilizzata a garanzia di crediti altri rispetto a quelli individuati nell’atto costitutivo, qualora l’atto costitutivo lo preveda espressamente”. Questa regola mostra che, nel diritto francese riformato, non tutte le ipoteche saranno rechargeables, ma solo quelle che prevedano espressamente nell’atto costitutivo tale particolare natura.
Per ragioni di certezza nel credito ipotecario la clausola (o convenzione) di ‘ricarica’ dovrà essere notarile e riceverà pubblicità mediante annotazione nei registri immobiliari. Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che “il costituente potrà allora offrirla in garanzia [scil. l’ipoteca ricaricabile], nei limiti previsti nell’atto costitutivo e indicati all’art. 2423 c.c., non solamente al creditore originario, ma anche ad un nuovo creditore, anche qualora il primo non sia ancora stato pagato”. Questa specificazione introduce l’aprirsi di due possibilità operative per l’istituto in esame. La prima prevede che il creditore originario sia stato pagato, e allora è evidente che, se l’ipoteca recheargable può essere utilizzata per garantire un nuovo credito, ciò significa che essa sopravvive all’estinzione per adempimento del credito originariamente garantito. In questo modo, il nuovo istituto introduce una frattura evidente del nesso di accessorietà tra garanzia e credito garantito, nesso che, nel settore delle garanzie immobiliari, è stato tradizionalmente inteso – soprattutto dagli interpreti, più che non dal legislatore – in modo piuttosto rigido, in Francia così come in Italia. La seconda alternativa prospettata dal nuovo art. 2422 co. 2 prevede, invece, che il credito originario non sia stato pagato. In questo caso, il ri-utilizzo dell’ipoteca recheargeable crea una situazione di concorrenza tra il creditore originariamente garantito e quello beneficiario della ‘ricarica’. Tale conflitto di interessi è regolato dai co. 4 e 5 del nuovo art. 2422 c.c., secondo i quali la ‘ricarica’ deve essere oggetto di pubblicità sotto forma di una annotazione a margine dell’iscrizione dell’ipoteca, la quale determina il grado del secondo creditore garantito rispetto al primo. L’ipoteca ricaricabile è il fiore all’occhiello della riforma francese perché costituisce una novità improntata all’efficienza ed al risparmio di costi e tempi, introdotta a dispetto degli ostacoli culturali e dogmatici che un paese latino come la Francia avrebbe potuto opporre all’istituto. Tuttavia, non si tratta di un’innovazione originale.
Il panorama dischiuso dalla comparazione segnala infatti l’istituto dell’Eigentümergrundschuld regolato dal BGB tedesco (§ 1196) come illustre precedente – e archetipo – dell’ipoteca ricaricabile. Si tratta della c.d. ‘ipoteca del proprietario’, ossia un’ipoteca che, essendo strutturalmente non accessoria rispetto ad un credito da garantire, può essere usata più volte, a garanzia di creditori diversi nel corso della sua esistenza, la quale verrà meno solo con la cancellazione della stessa, non certo con l’estinzione del credito originariamente garantito. E’ evidente che anche qui le spese per la costituzione di nuove ipoteche sono evitate, ed il grado dell’ipoteca originaria è conservato a favore di ogni creditore che successivamente beneficerà della garanzia. Il diritto tedesco precisa che quando l’Eigentümergrundschuld garantisce un credito, essa è Fremdgrundschuld, ossia una garanzia di cui è titolare un soggetto diverso dal costituente (appunto, il creditore); quando invece l’Eigentümergrundschuld non sia attivamente utilizzata a garanzia di un credito, essa continua a vivere in capo al costituente/proprietario del bene e proprio da questa particolarità esso deriva il suo nome, dall’essere cioè un diritto reale che non si estingue per consolidazione con la proprietà (§ 889 BGB), in caso di coincidenza soggettiva tra costituente dell’istituto e beneficiario dello stesso. La vicinanza tra quest’istituto di diritto tedesco e la nuova ipoteca ‘ricaricabile’ francese è evidente, solo che in quest’ultimo caso – si badi – la costituzione della garanzia, che rimane istituto accessorio, richiede pur sempre l’esistenza di un credito.
12. Il prestito ipotecario vitalizio.
L’ordonnance di riforma (art. 41) introduce, nel titolo I (Crédit) del libro III (Endettement) del code de la consommation, un capitolo IV, intitolato “Prêt viager hypothécaire” (nuovi artt. L314-1 – L314-20 c.cons.). Il prestito vitalizio ipotecario è definito quale “un contratto mediante il quale un istituto di credito o un istituto finanziario concede ad una persona fisica un mutuo sotto forma di un capitale o di versamenti periodici, garantiti da un’ipoteca costituita sull’immobile di proprietà del mutuatario e destinato all’esclusivo uso di abitazione di quest’ultimo, il cui rimborso – capitale e interessi – non sarà esigibile che al decesso del mutuatario o, prima del decesso, al momento dell’alienazione o della costituzione di diritto reale limitato a favore di terzi sull’immobile oggetto di garanzia” (nuovo art. L314-1, co. 1 c.cons.). Evidentemente il prestito vitalizio ipotecario è uno strumento adatto a smobilizzare una parte della notevole ricchezza impegnata oggi in immobili, in Francia, come nella maggior parte dei Paesi europei. L’istituto mira a rendere disponibile questa ricchezza per il sostegno del bisogno di liquidità dell’anziano, mediante modalità di minor impatto – dal punto di vista psicologico, ancor più che fiscale – rispetto alla vendita della nuda proprietà. E’ appena il caso di ricordare che il calo demografico, il progressivo invecchiamento della società e la crisi dei sistemi pensionistici statali stanno aumentando la domanda di liquidità da parte degli anziani. Negli ultimi anni, l’istituto è stato oggetto di disciplina in molti ordinamenti europei ed extra-europei, sul modello dei lifetime mortgage o reverse mortgage o equity release products dell’esperienza britannica e statunitense. La Commissione Grimaldi aveva discusso l’opportunità di introdurre la c.d. hypothèque inversée, ma le riserve sollevate dalla maggior parte dei membri della Commissione avevano indotto la stessa ad escludere l’istituto dalla disciplina dell’avant-projet de texte. Evidentemente, rispetto a questa posizione, in sede di scrittura dell’ordinanza di riforma il governo ha inteso mutare orientamento. Innanzitutto, la nuova disciplina riserva il prestito vitalizio ipotecario al finanziamento dei bisogni del privato, a pena di nullità (nuovo art. L314-2 c.cons.).
Regole speciali sono previste per la disciplina della pubblicità del prestito vitalizio ipotecario. L’art. L314-3 sancisce che deve trattarsi di una pubblicità leale ed informativa, la quale deve indicare i dati identificativi del finanziatore, la natura dell’operazione proposta, il suo costo totale ed il tasso effettivo globale, calcolati per tranches di cinque anni. Inoltre, si vieta la vendita porta a porta del prodotto in questione (nuovo art. L314-4 c.cons.). La riforma regola le modalità di conclusione del contratto, nei termini di un’offerta preliminare di cui la legge indica i contenuti (identità delle parti e data di accettazione dell’offerta, indicazione esatta del bene ipotecato comprensiva dei dati relativi alla pubblicità immobiliare, il valore del bene ipotecato stimato da un esperto scelto dalle parti, il cui costo è a carico del mutuatario) e la durata di validità (nuovo art. L314-5). La pubblicazione dell’offerta obbliga l’emittente a tenerne freme le condizioni per almeno trenta giorni (nuovo art. L314-6) e, a pena di nullità, l’accettazione dell’offerta non può intervenire prima di dieci giorni dalla sua recezione da parte del mutuatario, e dovrà allora essere assunta in forma notarile. Prima dell’accettazione, non sarà possibile effettuare alcun versamento al mutuatario (nuovo art. L314-7). Il debitore è poi tenuto alla manutenzione dell’immobile oggetto di garanzia secondo il canone della diligenza del buon padre di famiglia e decade dal beneficio del termine se, per fatto proprio, ha causato la diminuzione del valore della garanzia, così come nel caso in cui costui muti la destinazione del bene ipotecato o rifiuti al creditore l’accesso all’immobile per controllarne il buono stato di conservazione (nuovo art. L314-8). Essenziale ai fini della tutela soprattutto degli eredi del mutuatario era la previsione di un plafonnement del debito da costui assunto: il nuovo art. L314-9 stabilisce che il debito del mutuatario o dei suoi aventi causa non può eccedere il valore dell’immobile accertato al momento della scadenza del termine.
La nuova disciplina interviene poi a tutela del diritto del mutuatario al rimborso anticipato del credito: il nuovo art. L314-10 prevede che il mutuatario abbia diritto in ogni tempo di risolvere il contratto rimborsando la totalità delle somme versate per capitale ed interessi, oppure, nel caso in cui egli abbia optato per un versamento una tantum del credito, potrà rimborsare una somma parziale al creditore, tuttavia non una somma che sia inferiore ad un ammontare minimo che sarà fissato per decreto del Consiglio di Stato. Inoltre, il rimborso anticipato dà diritto al creditore ad un’indennità che non può eccedere un ammontare da determinarsi per decreto dal Consiglio di Stato. Il termine dell’operazione, come detto, è segnato dal decesso del mutuatario ovvero dall’alienazione a terzi dell’immobile (o dalla costituzione derivativa di diritti reali limitati sull’immobile a favore di terzi). Al verificarsi del decesso del mutuatario (o dall’ultimo dei co-mutuatarii vivente), saranno gli eredi di costui a dover rimborsare il debito al creditore, entro i limiti del valore dell’immobile concesso in garanzia, come stabilito al giorno dell’apertura della successione (nuovo art. L314-13, co. 1).
A prescindere dall’applicazione delle regole sulla accettazione con beneficio di inventario, il creditore ipotecario, a sua scelta, può agire per il pignoramento e la vendita dell’immobile secondo le regole di diritto comune, salva la limitazione del debito al valore della garanzia; oppure, può farsi attribuire la proprietà in pagamento, in virtù di una decisione giudiziale o di un patto commissorio, anche se l’immobile costituiva la residenza principale del debitore (nuovo art. L314-13, co. 2, 3). Nel caso invece di alienazione dell’immobile da parte del mutuatario o dei suoi eredi (o della costituzione di diritti reali limitati), occorrerà notificare al creditore l’offerta di alienazione, al fine di consentirgli di contestare il valore dell’immobile come stabilito nell’offerta di alienazione. In tal caso, si procederà ad una stima ad opera di un esperto scelto di comune accordo. Qualora la stima accerti un valore inferiore del bene, il credito del mutuante sarà limitato al prezzo dell’aggiudicazione dell’immobile, nel caso di vendita giudiziaria; oppure al valore della stima dell’immobile, nel caso di attribuzione del bene in pagamento o di ricorso ad un patto commissorio (nuovo art. L314-14).
13. L’efficacia delle garanzie reali attraverso l’abolizione del divieto del patto commissorio.
L’esperienza anche comparatistica insegna che, per essere efficace, e quindi incentivare lo sviluppo economico, un regime in materia di garanzie reali deve saper massimizzare gli interessi dei creditori garantiti, senza per questo pregiudicare la posizione del costituente la garanzia. In questa prospettiva, la riforma punta ad affinare l’efficacia del diritto francese attraverso uno snellimento delle tecniche di realizzazione delle garanzie. A tal fine essa abolisce il divieto del patto commissorio, in relazione alle garanzie mobiliari come immobiliari, senza per questo pregiudicare la posizione del concedente. Quanto all’apparato tradizionale del diritto legislativo francese, la centralità del divieto del patto commissorio emerge dal fatto che esso vi appare subito un come principio generale in materia di garanzie reali: lo codifica l’art. 2078 c.c. per il pegno (e l’ex art. 93 c.com. per il pegno commerciale, ora art. L521-3, co. 4 c.com. nouveau), l’art. 2088 c.c. per l’anticresi, ed esso risulta altresì accolto, in relazione all’ipoteca, dall’art. 742 c.p.c. ancien. A livello declamatorio, sussiste accordo, in Francia come altrove, sul fatto che il fondamento della proibizione sia da ravvisarsi nell’esigenza di tutelare la posizione del debitore/costituente la garanzia, inteso come parte debole del rapporto, contro le possibilità di abuso da parte del creditore.
Tuttavia, a dispetto dell’uniformità dei testi di diritto positivo, le regole operazionali mostrano differenze notevoli, tra sistema e sistema, in merito alla portata pratica di quel principio. Così, si osserva come in taluni sistemi, come ad esempio in Germania, quelle proibizioni scolpite nel diritto positivo non sono che lettera morta: praticamente nessuna decisione delle corti tedesche – che pure in quel Paese sono il formante-guida dell’evoluzione delle garanzie reali – basa le proprie scelte sul divieto del patto commissorio. Anzi, nonostante le regole di legge che vietano il trasferimento al creditore della proprietà del bene oggetto di garanzia, proprio la proprietà-garanzia è stata, ed è tutt’oggi, la più diffusa tecnica di garanzia mobiliare. Rispetto alla Germania, l’esempio opposto è fornito proprio dal nostro Paese, dove l’art. 2744 c.c. ha dato luogo ad una giurisprudenza centrale nel governo delle relazioni di garanzia, la quale tuttavia non ha accompagnato uno sviluppo efficace del regime delle garanzie reali.
Come è noto in Italia, l’ampia portata conferita da dottrina e giurisprudenza al divieto del patto commissorio ha condotto a bandire la proprietà-garanzia dall’area della legittimità, ponendo talvolta a repentaglio anche la sorte di figure giuridiche la cui legittimità non è stata mai contestata in altri sistemi: è stato il caso del sale and lease-back, della cessione del credito a scopo di garanzia, o del trust. In una posizione intermedia tra i due esempi opposti si colloca il diritto francese sul quale interviene la riforma. In Francia, il divieto del patto commissorio, seppur riconosciuto dai formanti interpretativi (a livello declamatorio) come un principio cardine delle garanzie reali, non ha trovato una portata applicativa così ampia come in Italia, sebbene il ricorso ad esso da parte della giurisprudenza abbia avuto una certa consistenza. I limiti operativi del divieto si misurano considerando che:
(a) la nullità che colpisce la proprietà-garanzia ha una portata relativa, e non assoluta;
(b) il divieto opera solo per il patto commissorio in continenti, e non per quello ex intervallo, stipulato cioè successivamente alla costituzione della garanzia.
Poiché il divieto tutela il debitore/costituente, in particolare, dalla perdita della proprietà di un bene di valore eccessivo rispetto all’ammontare del debito, la proibizione non potrebbe valere in relazione a quelle figure per le quali questo pericolo di sproporzione non si pone: il divieto non colpisce allora il gage-espèces, perché l’automaticità del meccanismo compensativo propria di questa figura evita qualsiasi rischio di approfittamento del debitore. Ecco allora che la riforma mostra di aver elaborato con maturità le esigenze sottese al divieto del patto commissorio. Esse escono dalla dimensione dell’implicito per essere espresse proprio nella sede deputata ai principii generali delle garanzie del credito: abbiamo già indicato che secondo il